Contenzioso

Niente reversibilità a favore del figlio maggiorenne studente presso un istituto estero non riconosciuto

di Silvano Imbriaci

In materia di pensioni di reversibilità, l'articolo 13 del Regio decreto 636/1939, nel testo risultante dalle modifiche operate dall'articolo 22, terzo comma della legge 903/1965, attribuisce il diritto alla pensione di reversibilità anche ai figli del pensionato o assicurato che al momento della morte di questo non abbiano superato l'età di 18 anni o, pur avendola superata, siano inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso.

Per i figli che risultano a carico del genitore al momento del decesso e non prestino attività di lavoro retribuita, il limite di età è elevato fino a tutta la durata del corso legale, qualora frequentino l'università, con il limite massimo del ventiseiesimo anno. Il punto controverso di tale disposizione riguarda, come è facilmente intuibile, l'esatta perimetrazione del concetto di corso legale universitario, ossia corso di laurea idoneo a rilasciare un titolo universitario.

Nel caso esaminato dalla Corte di cassazione nella sentenza 30267 del 22 novembre 2018, la questione si pone per la frequenza di un istituto di diritto italiano gestito da una società consortile a responsabilità limitata con sede in Italia, nell'ambito di una convenzione a carattere privatistico con un'università inglese (con sede nel Regno Unito) che avrebbe rilasciato il titolo finale.

Molti sono gli elementi che possono essere portati a sostegno della tesi della completa equiparazione: ad esempio, il fatto che il titolo di studio sia rilasciato dall'università straniera e che dunque, secondo il principio di reciprocità sancito dalla Convenzione di Lisbona dell'11 aprile 1997 (art. VI. 1) – recepita con la legge 148/2002 – possa essere speso con valore legale nel territorio italiano; e poi quell'interpretazione giurisprudenziale che nega il necessario collegamento tra natura pubblica dell'istituto e prestazione, tutela maggiormente la ratio solidaristica della reversibilità (Corte Costituzionale 174/2016) e la tutela del diritto allo studio che ne sta alla base, purché, naturalmente, il titolo di studio rilasciato abbia valore legale.

Tuttavia, secondo la sentenza 30267/2018, la soluzione deve essere ricercata nella possibilità di qualificare un istituto scolastico/universitario che abbia caratteristiche analoghe a quelle sopra indicate, alla stregua di un'università italiana, e questo non risulta possibile in assenza di un esplicito riconoscimento legale o equiparazione in Italia, o in assenza di una specifica abilitazione a rilasciare titoli di analogo livello. In particolare, l'istituto che abbia stipulato una convenzione privatistica con una struttura universitaria di uno stato straniero, non può essere qualificato con certezza come una struttura secondaria di tale università, assumendo valore preminente la struttura societaria privatistica di questo (nel caso di specie società consortile a responsabilità limitata).

In particolare, nel caso affrontato dalla sentenza, il corso frequentato presso quella struttura scolastica non avrebbe consentito il conseguimento di un titolo automaticamente valido anche nel territorio italiano, atteso che è necessario l'esplicito riconoscimento su domanda dell'interessato. La fattispecie rientra quindi nell'articolo VI. 5 della Convenzione di Lisbona, con la necessità di apposite procedure amministrative per ottenere il riconoscimento del titolo. La Convenzione, infatti, non prevede un automatico riconoscimento dei titoli, consentendo invece a ciascuno stato di subordinare il riconoscimento a specifiche condizioni della legislazione statale o ad accordi specifici conclusi con lo Stato di origine dell'istituto.

È vero che non possono essere adottati, per la valutazione delle qualifiche, criteri che pongano distinzioni sulla base del sesso, della razza, della lingua, delle opinioni politiche o di altro, senza alcun rapporto con il valore della qualifica di cui è stato chiesto il riconoscimento. Ma che ci debba essere un riconoscimento esplicito, o comunque procedimentalizzato, è un dato presupposto e tutte le volte in cui tale circostanza manchi o non sia provata, non vi sono le condizioni per considerare la frequenza al corso di studi di un istituto convenzionato con un'università straniera quale elemento idoneo a consentire l'accesso alla pensione di reversibilità per tutto il corso e comunque fino al 26esimo anno .

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