Pensioni adeguate con più contributi e long term care
La Riforma Dini del 1995 e quella Fornero del 2011 hanno definitivamente chiarito un elemento: in un sistema pensionistico, uno dei principi fondamentali risulta essere l’equità. Infatti un sistema che intenda mantenere nel lungo termine la sostenibilità finanziaria non può non erogare prestazioni che a livello individuale non siano in linea con i contributi versati.
Se i professionisti quindi destinano al finanziamento degli enti di appartenenza un contributo soggettivo mediamente pari a circa il 13% del reddito percepito, al pensionamento non potranno che ricevere prestazioni commisurate a tale livello di contribuzione, pena la messa a rischio dei conti delle casse.
E se i lavoratori dipendenti, con l’applicazione del metodo contributivo, versando un contributo annuo pari al 33%, riceveranno mediamente dall’Inps una prestazione pari al 65-70% della retribuzione percepita nell’ultimo anno di servizio, possiamo ben immaginare quale sarà la prestazione che i professionisti potranno ricevere al pensionamento. All’incirca un terzo del contributo versato dai lavoratori infatti genererà all’incirca un terzo della prestazione finale: un 30% dell’ultimo reddito.
Una situazione che pone diversi accenti sugli aspetti di natura sociale. Un sistema pensionistico, infatti, oltre al principio dell’equità dovrebbe essere in grado di garantire una copertura finale adeguata e in linea con le esigenze dei lavoratori. A tal proposito occorre rilevare come gli enti di previdenza in generale non si trovino tutti nella stessa situazione. Le Casse “nuove”, costituite sulla base del Dlgs 103/1996, possono vantare una situazione finanziaria più florida. Applicano infatti da sempre il metodo contributivo e sono finanziate quasi completamente secondo il principio della capitalizzazione. Hanno accantonato un patrimonio del tutto adeguato rispetto alle prestazioni che hanno promesso. Quasi potrebbero, introducendo una quota delle prestazioni finanziate a ripartizione, incrementare il livello di prestazione garantita senza mettere a rischio la sostenibilità nei futuri 50 anni.
Diversa, in alcuni casi sensibilmente diversa, risulta essere la situazione delle Casse “storiche”, costituite sulla base del Dlgs 509/1994. Alcune di queste, infatti, finanziate fortemente attraverso il principio della ripartizione, devono monitorare attentamente l’evoluzione dei redditi degli iscritti per non correre il rischio che i contributi ricevuti non siano in linea con le prestazioni garantite.
In ogni caso professionisti singolarmente ed enti di previdenza possono fare molto per incrementare la copertura finale. I professionisti devono sviluppare la consapevolezza della situazione e pianificare in maniera adeguata il risparmio previdenziale. Alcune casse consentono di incrementare il contributo soggettivo. Un’ottima opportunità da utilizzare, anche in piena deducibilità fiscale. Le Casse, come peraltro stanno già facendo, dovrebbero invece focalizzarsi su tutte le forme di welfare.
E tra tutte le forme possibili di welfare alcune appaiono decisamente prioritarie. Quelle, ad esempio, destinate al sostegno del reddito, quelle relative al rimborso delle spese sanitarie, nonché la copertura di long term care. Copertura che, se rivista e gestita in maniera adeguata, togliendo tutta una serie di limitazioni applicate dal mercato, consentendo l'accesso in maniera più flessibile, potrebbe veramente assumere una forte valenza previdenziale, incrementando la prestazione finale in caso di bisogno.