Contenzioso

Recesso dalla coop disciplinato da legge o atto costitutivo

di Antonino Porracciolo

Il recesso dalla società cooperativa è consentito solo nei casi previsti dalla legge e dall’atto costitutivo. Fuori da queste ipotesi, dunque, il socio non può recedere neppure in presenza di un grave inadempimento della società o di una generica giusta causa. È quanto emerge da una sentenza del Tribunale di Roma, sezione specializzata in materia di impresa (presidente Cardinali, relatore Romano), depositata lo scorso 6 settembre.

Nel maggio 2014 alcuni soci di una cooperativa edilizia avevano dichiarato di recedere dalla società, esponendo che, essendo trascorsi quasi dieci anni dal loro ingresso nella compagine sociale senza aver ottenuto l’assegnazione degli alloggi, era dunque venuto meno il loro interesse a perseguire il fine mutualistico. Inoltre, gli appartamenti erano stati gravemente danneggiati in conseguenza di occupazioni abusive, di cui era responsabile la società per non aver predisposto il servizio di vigilanza dell’edificio.

Il consiglio di amministrazione della cooperativa, però, non aveva ritenuto valide le ragioni dei soci. Che allora hanno chiesto al giudice di dichiarare l’efficacia del loro recesso e quindi il venir meno dei rapporti societari.

Nel decidere la lite, il tribunale ricorda che, in base all’articolo 2532 del Codice civile, «il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall’atto costitutivo».

La legge afferma dunque - sostiene il giudice capitolino - «il «principio di tipicità» delle cause di scioglimento unilaterale del rapporto, sicché si deve escludere che alle cooperative si applichi il recesso per «giusta causa», previsto dall’articolo 2285 dello stesso Codice per le società di persone. Né, comunque, lo statuto potrebbe stabilire «clausole di recesso ad nutum a favore di uno o più soci (e senza alcun onere a carico di questi)», giacché tali previsioni potrebbero «impoverire la società, costringendola al rimborso della partecipazione del socio recedente».

Di conseguenza, in mancanza di una clausola statutaria che specifichi i fatti, addebitabili all’ente, che consentano l’esercizio del diritto in questione, un eventuale inadempimento della cooperativa non giustifica il recesso da parte del socio e, dunque, lo scioglimento del rapporto sociale.

A fondamento della loro scelta, i soci avevano affermato anche di aver perso i requisiti per ottenere l’assegnazione degli alloggi, avendo acquistato la proprietà di appartamenti nel libero mercato immobiliare. Neanche questa situazione, però, giustifica la cessazione del rapporto sociale: ammettere il contrario, infatti, comporterebbe la lesione dei «principi di tipicità delle ipotesi di recesso e di parità di trattamento tra i soci», e di fatto lascerebbe «alla discrezionalità e alla convenienza dei singoli soci» la scelta della permanenza del rapporto sociale.

Così il tribunale ha confermato la delibera che aveva escluso la legittimità del recesso.

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