Contenzioso

Magistrati in pensione anche con ricongiunzione, cumulo e totalizzazione

di Silvano Imbriaci

L'articolo 1 del Dl n. 90/2014 (convertito in legge n. 114/2014), contiene alcune disposizioni in materia pensionistica relativa al trattenimento in servizio del personale delle pubbliche amministrazioni. In particolare, i commi 1, 2 e 3 dispongono la soppressione dell'istituto del trattenimento in servizio, e, come disciplina transitoria per i trattamenti in essere per tutto il personale in generale (comma 2) e per i magistrati in modo specifico (comma 3), prevedono la risoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro pubblico al raggiungimento del limite di età ordinamentale.

Il comma 5 della stessa norma, sostituendo il comma 11 dell'articolo 72 del Dl n. 112/2008, riguarda invece l'istituto della risoluzione facoltativa del rapporto e descrive la facoltà, appunto, delle amministrazioni di anticipare ulteriormente la risoluzione unilaterale del rapporto rispetto ai limiti ordinamentali, in presenza di specifiche esigenze interne e purché sia maturato il requisito dell'anzianità contributiva per l'accesso al pensionamento (norma che è sempre stata ritenuta estranea al personale della magistratura, per ovvi motivi di autonomia e indipendenza della funzione giudiziaria).

La questione specifica riguarda il collocamento a riposo di un magistrato della Corte di cassazione, non ordinario ma selezionato per meriti insigni nella qualità di avvocato iscritto da più di 15 anni all'albo (circostanza, questa, non secondaria); il provvedimento di collocamento a riposo era stato adottato per effetto del superamento del limite dell'età ordinamentale, in conseguenza della soppressione dell'istituto del trattenimento in servizio. Il Tar Lazio, investito della questione, ritiene che la normativa transitoria (con risoluzione obbligatoria del rapporto) possa effettivamente violare il diritto dei magistrati a maturare i requisiti minimi per la pensione.

Da qui l'intervento della Corte costituzionale, con sentenza 131 del 22 giugno 2018, sulla specifica doglianza, che riguarda i giudici della cassazione di nomina, ma che investe indirettamente anche la questione del trattenimento in servizio dei magistrati ordinari. In premessa la Corte chiarisce un elemento decisivo.

La risoluzione obbligatoria del rapporto, che segue all'abolizione dell'istituto del trattenimento in sevizio, per chi abbia maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia, ovvero il diritto alla pensione anticipata, e raggiunto l'età limite ordinamentale, deve essere letta alla luce del diritto del lavoratore al conseguimento del minimo pensionistico. Tale obiettivo, infatti, può consentire una deroga ai limiti di età ordinari per i dipendenti pubblici (si veda Corte Costituzionale 33/2013), ma solo per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'anzianità minima per il diritto a pensione.

Su tale premessa deve essere valutata la posizione di quei lavoratori (come, nel caso di specie, un magistrato di Cassazione nominato tale per meriti insigni) che abbiano avuto con l'amministrazione altri rapporti di lavoro, e il cui accesso alla pensione di anzianità sia comunque garantito dalla possibilità di sommare le anzianità contributive versate presso le diverse gestioni previdenziali.
Ai magistrati di Cassazione nominati per meriti tra i professori universitari e gli avvocati con almeno 15 anni di servizio, pur spettando il trattamento previdenziale che spetta ai magistrati ordinari, possono essere applicati quegli istituti e quei meccanismi previsti dalla legge per la riconduzione dei vari spezzoni di contribuzione/iscrizione ad unità (la totalizzazione o la ricongiunzione per i liberi professionisti di cui alla legge 5 marzo 1990, numero 45 o il cumulo gratuito).

La valorizzazione della contribuzione pregressa che si persegue con questi meccanismi ha dunque lo scopo di consentire il cumulo gratuito dei periodi contributivi non coincidenti al fine del conseguimento di un unico trattamento pensionistico, in assenza dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico in una gestione. Per i consiglieri di Cassazione che si trovano in questa situazione (e a maggior ragione per gli altri magistrati) non può quindi parlarsi di impossibilità di raggiungere il numero di anni necessari per il raggiungimento del trattamento pensionistico.

Non vi è alcuna lesione di tale diritto, che risulta invece garantito dall'impiego degli istituti cui si è accennato. Per questo motivo la Corte ritiene la norma transitoria come legittima, in quanto la critica ad essa indirizzata muove da un presupposto errato, ossia il fatto che vi sia una lesione del diritto alla pensione minima derivante dall'impossibilità, per i consiglieri di cassazione nominati per meriti insigni tra gli avvocati e iscritti negli albi speciali delle giurisdizioni superiori, di raggiungere il numero di anni necessari per ottenere la pensione previsto per i magistrati.
Tale diritto è invece assicurato dall'impiego di quelle forme di cumulo delle anzianità contributive maturate nelle diverse gestioni previdenziali.

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