Chi anticipa i costi in condivisione poi li riaddebita con Iva specifica
Oggi, in un periodo di crisi non ancora alle spalle, i professionisti sono sempre più animati dall'intento di modificare le proprie strutture organizzative. Ciò al fine di conseguire un duplice obiettivo: mantenere alto il livello delle prestazioni professionali minimizzando, contestualmente, i costi di gestione dello studio. Numerosi professionisti, pur non essendo uniti da vincoli associativi, lavorano utilizzando la stessa sede, la stessa sala riunioni a rotazione e, a volte, avvalendosi degli stessi dipendenti.
Tutti i professionisti sono dotati di un ’autonoma partita Iva, ma solo uno di loro può essere intestatario del contratto di locazione, delle utenze ed è formalmente il datore di lavoro del personale dipendente.
Questo professionista addebita periodicamente una parte delle spese sostenute nei confronti degli altri soggetti. L’addebito sarà proporzionato alla frequenza di utilizzo della struttura da parte degli altri professionisti. Si pone dunque il problema di individuare il corretto trattamento fiscale delle somme così addebitate ed incassate. Sia per le imposte sui redditi, sia ai fini Iva.
La tassazione
Per quanto riguarda le imposte sui redditi le somme così addebitate agli altri professionisti non sono compensi professionali. Queste somme, oggetto di rimborso, non hanno nulla a che vedere con l’attività tipica svolta dal professionista.
Quindi non sono neppure soggette a ritenuta d’acconto. Tuttavia il fatto che non siano compensi non significa che non influenzino la determinazione del reddito del professionista: l’intestatario delle utenze o del contratto di affitto, dovrà portare il rimborso spese degli altri professionisti in diminuzione (diretta) del costo sostenuto. Ad esempio, se il professionista paga un canone di locazione annuo di 12mila euro per lo studio ed addebita agli altri professionisti l’importo di 8mila euro, dovrà indicare nella dichiarazione dei redditi, per determinare il reddito professionale, l’importo netto pari a 4mila euro. La soluzione è stata fornita dalle Entrate con la circolare 38/E/2010 .
L’aliquota Iva
L’Agenzia ha affrontato anche il problema dell’Iva. Secondo l’amministrazione finanziaria le operazioni di riaddebito (verso gli altri professionisti) sono prestazioni di servizi soggette ad Iva (articolo 3, comma 3 del Dpr 633/1972). Il rapporto intercorrente tra il soggetto attivo e quello passivo del riaddebito deve qualificarsi come mandato senza rappresentanza. Con la conseguenza che le spese rimborsate non possono essere escluse da Iva come si verifica per le anticipazioni (articolo 15, n. 3) del Dpr 633/1972).
Secondo l ’agenzia delle Entrate la prestazione effettuata dal professionista che chiede il rimborso delle somme agli altri professionisti, che utilizzano la medesima sede/struttura, ha la stessa natura dell’operazione a monte (risoluzione Finanze 6/1998). Ne consegue ancora, come affermato con la circolare 26/E/1990, che le prestazioni di servizi connesse con l’uso dell’immobile (gas, acqua, energia elettrica) sono da assoggettare ad Iva in base all’aliquota propria dei singoli servizi. Ad esempio se l’aliquota Iva sulla fornitura di energia elettrica (ad uso studio e non ad uso abitativo) è del 22%, il “ribaltamento costi” dovrà essere effettuato applicando la stessa percentuale. L’operazione dovrà essere fatturata. Se il canone di locazione è esente da Iva, il riaddebito effettuato nei confronti degli altri professionisti, è allo stesso modo esente dall’imposta sul valore aggiunto. Si verifica una sorta di effetto “trascinamento” del regime e delle aliquote Iva. Se l’operazione di riaddebito non distingue le singole tipologie di costo (locazione, gas, luce, oneri condominiali), ma è indistinta (un unico addebito forfettario), l’aliquota Iva da applicare è quella base del 22 per cento.