Lavoratori impatriati, precisazioni delle Entrate sulla residenza all’estero
L'agenzia delle Entrate, con la risoluzione 6 giugno 2018, n. 51/E, interviene nuovamente in materia di lavoratori rimpatriati, fornendo importanti precisazioni per coloro che intendono accedere al regime agevolato previsto dall'articolo 16 del Dlgs 14 settembre 2015, n. 147, recante disposizioni recanti misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese, come modificato dall'articolo 1, comma 150, della legge 11 dicembre 2016 n. 232.
Si ricorda, in via generale, che tale regime di favore è finalizzato ad attrarre in italia talenti e risorse umane qualificate. La disposizione, applicabile al ricorrere dei requisiti e delle condizioni stabiliti dal comma 1 o dal comma 2 dell'articolo 16, prevede l'imponibilità del reddito di lavoro dipendente o di lavoro autonomo, prodotto in Italia, nella misura del 50% e trova attuazione a decorrere dal periodo d'imposta in cui il soggetto trasferisce la residenza in Italia (nei sensi previsti dall'articolo 2 del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917) e per i quattro periodi di imposta successivi.
Oltre al possesso, alternativo, dei requisiti di cui al comma 1 o al comma 2 dell'articolo 16, presupposto fondamentale per accedere al regime è, quindi, il trasferimento della residenza fiscale in Italia. Ciò implica che la persona fisica abbia mantenuto la residenza fiscale all'estero per un periodo di tempo minimo precedente "l'impatrio".
Nel caso esaminato con il documento di prassi in esame, il contribuente chiede chiarimenti in ordine all'applicabilità del suddetto regime agevolativo, avendo riguardo, in particolare, al requisito della residenza maturata fuori dai confini dello Stato. A tal fine, riferisce di essere in possesso dei requisiti previsti dal comma 2 dell'articolo 16 e, quindi, di aver trasferito la propria residenza all'estero ad agosto 2015, con contestuale richiesta di iscrizione all'Aire; di aver prestato la propria attività di lavoro all'estero fino a settembre 2017 e, successivamente, a seguito dell'instaurazione di un nuovo lavorativo con una società italiana, di aver trasferito la propria residenza in Italia da ottobre 2017.
In merito al quesito posto, l'agenzia delle Entrate osserva che, per i soggetti di cui al comma 1 della disposizione, il periodo minimo di residenza all'estero è indicato espressamente dalla norma (articolo 16 comma 1, lettera a) e si concretizza nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento. Per i soggetti di cui al comma 2, invece, la norma non è altrettanto precisa.
Intervenendo in via interpretativa sul punto, in considerazione del fatto che il comma 2 prevede un periodo minimo di lavoro all'estero di 2 anni (24 mesi), con la risoluzione n. 51/E/2018 in esame, l'Amministrazione ritiene che, per i soggetti di cui al comma 2, la residenza all'estero debba protrarsi per almeno due periodi d'imposta e che, di conseguenza, tale periodo costituisca il periodo minimo sufficiente a integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato italiano, necessario per accedere al regime agevolativo di cui trattasi.
Poiché il trasferimento della residenza in Italia deve avvenire ai sensi dell'articolo 2 del Tuir, l'Agenzia ricorda che in base a tale disposizione sono residenti in Italia le persone fisiche che per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile. Dette condizioni sono fra loro alternative, nel senso che la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Ciò implica che, come già precisato anche nella circolare 23 maggio 2017, n. 17/E, il soggetto che non si è mai cancellato dal registro anagrafico della popolazione residente non può essere ammesso all'agevolazione in esame, tenuto conto, per quanto sopra rappresentato, della rilevanza del solo dato dell'iscrizione in tale registro.
Il documento interpretativo in esame conclude affermando che per fruire del beneficio fiscale ai sensi del comma 2 dell'articolo 16 del Dlgs n. 147/2015, il soggetto interessato - ossia il destinatario del beneficio fiscale in esame che sia cittadino dell'Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale - deve:
- essere in possesso di un titolo di laurea e aver svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, o:
- aver svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
Inoltre, per i due periodi di imposta antecedenti quello in cui si rende applicabile l'agevolazione, non deve essere stato iscritto nelle liste anagrafiche della popolazione residente e non deve aver avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale.
Agevolazioni alle imprese con rivalutazione al 4,45%
di Marco Poli
Lavoratori impatriati: proroga in caso di acquisto abitazione al 50%
di Marcello Ascenzi