Contenzioso

Aiuti di Stato, de minimis e incremento occupazionale

di Silvano Imbriaci

Con due decisioni ravvicinate, la Sezione lavoro della Cassazione ribadisce alcuni principi in materia di agevolazioni contributive, sotto il profilo dell'applicazione della regola del de minimis e del diverso requisito dell'effettivo incremento occupazionale.

Del primo aspetto si occupa la sentenza n. 22995 del 2 ottobre 2017, che riguarda le agevolazioni previste dall'articolo 44 della Legge n. 448/2001. Secondo la disciplina in questione, anche nelle ipotesi di assunzioni che realizzano un effettivo incremento occupazionale, lo sgravio è ritenuto idoneo a non falsare la concorrenza tra le imprese quando non superi complessivamente, nel periodo di tempo considerato, la soglia minima indicata, fermo restando che, in caso di superamento di tale limite, l'Inps recupera l'intero importo e non solo la parte eccedente la soglia stessa. La Cassazione ribadisce dunque il principio cardine alla base di questo requisito: gli aiuti di stato possono essere ammessi (in deroga al principio di cui all'articolo 107 del TFUE) in quanto contenuti entro la soglia fissata dall'articolo 2, comma 2 del regolamento (CE) n. 69/2001. Posto che tale soglia indica il limite di rilevanza, ai fini della concorrenza, dell'intervento di aiuto, il meccanismo non corrisponde a quello di una franchigia comunque esente: una volta che sia stato superato il limite, riacquista pieno vigore la disciplina del divieto, che dunque investe l'intera somma e non soltanto la parte eccedente la soglia stessa. In altri termini, la regola de minimis costituisce un'eccezione alla generale disciplina degli aiuti di Stato, e pone una soglia di aiuto al di sotto della quale l'aiuto si ritiene compatibile.

Le condizioni poste dall'ordinamento europeo per rendere applicabile la regola del de minimis sono elementi costituitivi del diritto a beneficiare dello sgravio contributivo e quindi devono essere oggetto di specifica dimostrazione da parte del soggetto che ne beneficia (peraltro non è sufficiente che l'importo chiesto in recupero sia inferiore alla soglia fissata dalla Commissione: l'importo complessivo degli aiuti de minimis concessi ad una medesima impresa non deve superare i 200 mila euro lordi nell'arco di tre esercizi finanziari – cfr. Reg. CE n. 1998/2006). Non essendo effettuata alcuna distinzione tra parte di aiuto giudicata compatibile e parte giudicata incompatibile, non può ritenersi che la regola del de minimis possa essere considerata quale previsione del diritto ad una detrazione dalla somma complessivamente dovuta: superata la soglia, il contributo è recuperato nella sua interezza, non solo per la parte eccedente la quota del de minimis.

La seconda sentenza (n. 22989 del 2 ottobre 2017) riguarda invece il profilo sempre attuale dell'effettivo incremento occupazionale in capo all'impresa che, assumendo personale dipendente, usufruisce delle agevolazioni (art. 31, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 150/2015). Storicamente la legislazione in materia di sgravi ha sempre richiesto, quale presupposto, un effettivo incremento occupazionale, ritenuto insussistente in tutte le ipotesi di trasformazione, trasferimento o fusione di aziende nelle quali si verifichi il mero passaggio di personale dalla nuova impresa senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati risulti aumentato. Nei casi in cui le norme incentivanti richiedano un incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata, il calcolo si effettua mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei dodici mesi precedenti, avuto riguardo alla nozione di “impresa unica” di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013 (art. 31, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 150/2015). Sono esclusi dal computo della base occupazionale media di riferimento i lavoratori che nel periodo valutato abbiano abbandonato il posto di lavoro a causa di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti d'età, riduzione volontaria dell'orario di lavoro o licenziamento per giusta causa. Secondo l'Inps (circ. n. 32/2016) occorre un effettivo aumento del numero di dipendenti presso il datore di lavoro che presenta istanza per accedere all'incentivo di una unità lavorativa rispetto alla media dei lavoratori occupati nei dodici mesi precedenti. Il rispetto del requisito dell'incremento occupazionale deve essere verificato in concreto, in relazione alle singole assunzioni per le quali si intende godere del bonus occupazionale.

Proprio su questo punto si esprime la sentenza della Cassazione: è vero che non basta a configurare l'assenza di un incremento occupazionale netto la semplice cessione di azienda tra due imprese in collegamento societario. Occorre infatti una indagine in concreto, volta alla verifica della data in cui la nuova impresa abbia iniziato effettivamente ad operare. Così come è necessaria la valutazione dello stato di disoccupazione degli operai licenziati. Tuttavia, nel caso di specie, gli indicatori hanno fatto ritenere l'insussistenza di un effettivo incremento occupazionale. Infatti è emerso il conferimento di un'impresa in un'altra realtà imprenditoriale, con sostanziale identità di assetti proprietari; e, inoltre, la costituzione della nuova società è stata determinata proprio per permettere lo sviluppo della vecchia azienda, in quanto la natura artigiana di questa ne avrebbe impedito le legittime aspirazioni di accesso al settore degli appalti pubblici. Questo basta, secondo la Corte, a ravvisare l'assenza di un effettivo incremento occupazionale e quindi l'impossibilità di accedere al beneficio contributivo (di cui all'articolo 3 della Legge n. 448/1998).

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