Adempimenti

Negli appalti la clausola sociale dei contratti leader fa da supplente

di Giampiero Falasca

La clausola sociale contenuta nei contratti “leader” vincola i soggetti che subentrano in un appalto pubblico solo se le intese collettive già applicate da tali soggetti non disciplinano in alcun modo l’istituto.

Questo il parere del Consiglio di Stato (osservazioni numero 2703/2018) sulle linee guida redatte da Anac in merito al nuovo codice degli appalti (Dlgs 50/2016).

L’articolo 50 del codice impegna le stazioni appaltanti a inserire nei bandi di gara per appalti di servizi l’obbligo per l’aggiudicatario di garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato (rinviando alle clausole previste dai contratti collettivi firmati da soggetti comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale).

La norma, secondo i giudici amministrativi, va letta tenendo conto del complessivo assetto in cui si inserisce la libertà sindacale nel nostro ordinamento. In tale ottica, la clausola sociale inserita in un bando di gara per iniziativa della stazione appaltante può essere efficace, nel suo assetto concreto, solo in via suppletiva, ossia nel caso in cui l’imprenditore offerente non abbia sottoscritto alcun contratto collettivo, ovvero sia parte di un contratto collettivo che delle clausole sociali si disinteressa.

Se, invece, l’impresa ha sottoscritto un contratto collettivo che disciplina una clausola sociale, i contenuti che devono essere osservati sono quelli previsti dal contratto collettivo stesso.

Questa lettura, ove fosse accolta dall’Anac, depotenzierebbe molto la finalità della norma, che è quella di valorizzare le clausole stabilite dai cosiddetti contratti leader, cioè quei «contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015 numero 81» stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (o dalle loro rappresentanze aziendali).

Il Consiglio di Stato rileva poi l’esigenza di rimuovere l’asimmetria di informazioni che si può creare tra impresa uscente e quelle che intendono subentrare in un servizio, rinforzando il diritto di queste ultime di chiedere informazioni sulle attività oggetto della gara.

Se tali informazioni sono in possesso della stazione appaltante, è applicabile l’istituto generale del diritto di accesso, che consente all’interessato di averne conoscenza. Se, invece, si tratta di informazioni di cui è in possesso solo l’imprenditore uscente, secondo il Consiglio di Stato è rintracciabile nel sistema un obbligo di renderle note che prescinde da specifiche disposizioni contrattuali, derivante dalla previsione degli articoli 1375 (il contratto deve essere eseguito secondo buona fede) e 1175 del codice civile (le parti devono comportarsi secondo correttezza).

Infine, i giudici amministrativi raccomandano di prevedere che l’offerta contenga un vero e proprio “piano di compatibilità” o “progetto di assorbimento”, nel senso che essa deve illustrare in quale modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale. Con questo piano, quindi, il concorrente dovrebbe spiegare come, e in che limiti, la clausola stessa sia compatibile con l’organizzazione aziendale da lui prescelta.

Consiglio di Stato – Parere 2703/2018

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