Contenzioso

Comunicazione entro sette giorni anche se si licenziano tutti i dipendenti

di Carlo Marinelli e Uberto Percivalle

In una procedura di licenziamento collettivo per cessazione di attività, la comunicazione finale circa le modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta (articolo 4 della legge 223/1991) ha la funzione di consentire il controllo sindacale sulla “effettività” della decisione imprenditoriale di cessare l'attività (decisione che rimane insindacabile quale espressione del diritto di libertà di impresa garantito dall'articolo 41 della Costituzione). Pertanto, il termine di sette giorni entro il quale deve essere inoltrata tale informativa decorre dalla data di comunicazione del licenziamento e non ha natura ordinatoria ma carattere essenziale e cogente. È quanto affermato dalla Suprema corte in due ordinanze la 16041/2018 e la 16144/2018.

In entrambi i casi, una società in liquidazione ha presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza di merito che aveva dichiarato l'illegittimità di alcuni recessi all'esito di una procedura di licenziamento collettivo, per non avere la società stessa inoltrato alle organizzazioni sindacali e agli organi amministrativi la comunicazione finale relativa all'applicazione dei criteri di scelta, entro il termine di sette giorni dalla comunicazione dei licenziamenti.

Adduceva l’azienda che, in mancanza di una espressa disposizione di legge, il termine di sette giorni per l'inoltro della comunicazione finale doveva considerarsi ordinatorio e non perentorio e che i precedenti richiamati dalla corte territoriale non potevano applicarsi al caso in esame in quanto erano relativi alla diversa ipotesi del mancato –e non meramente tardivo- inoltro della comunicazione e, infine, che non poteva essere nemmeno ipotizzata una violazione dei criteri di scelta, atteso che la società aveva cessato l'attività produttiva e licenziato tutti i dipendenti, nessuno escluso.

La Corte ha rigettato entrambi i ricorsi ritenendo le censure infondate. Quanto al termine di sette giorni per l'inoltro della comunicazione finale, i giudici, dopo aver ricordato che quest'ultimo è stato introdotto dalla legge 92/2012 in luogo della precedente disposizione che prevedeva la contestualità tra la comunicazione e le lettere di licenziamento, hanno chiarito che il termine deve essere interpretato in modo rigido, al fine di assicurare la ragionevole contiguità temporale tra le due comunicazioni e così garantire non solo il tempestivo controllo delle organizzazioni sindacali circa la correttezza nell'applicazione dei criteri di scelta, ma anche la possibilità di revocare tempestivamente il licenziamento se eseguito in violazione di detti criteri (va infatti ricordato che la legge 92/2012 -successivamente confermata sul punto anche dal Dlgs 23/2015-, ha previsto la possibilità di revocare il licenziamento nel termine di 15 giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo).

Peraltro, hanno proseguito i giudici, non può neanche essere condivisa una nozione “elastica” di contestualità riferita non già alla data della comunicazione, ma alla data di efficacia dei licenziamenti, essendo del tutto irragionevole che, per non incorrere nella decadenza dei 60 giorni, il lavoratore debba impugnare il licenziamento senza conoscere i criteri di scelta. Quanto poi alla finalità di tale comunicazione nella specifica ipotesi di cessazione dell'attività la Corte, confermando il proprio precedente orientamento (Cassazione 25737/2016), ha ribadito la necessità della comunicazione anche in tale ipotesi poiché solo attraverso il corretto invio della comunicazione finale le organizzazioni sindacali sono in grado di verificare l'effettivo coinvolgimento dell'intero organico aziendale nella chiusura dell'insediamento produttivo.

Le due ordinanze consolidano un orientamento su un tema che aveva generato non pochi equivoci in passato. Se infatti non è in dubbio che l'ipotesi della cessazione dell'attività debba essere assoggettata alla procedura di licenziamento collettivo al pari delle «riduzioni o trasformazioni di attività» qualora implichi almeno cinque licenziamenti in 120 giorni (ivi includendo la comunicazione finale circa i criteri di scelta), è anche vero che qualche decisione di merito aveva affermato in passato la inapplicabilità di questi criteri quando si fosse proceduto al totale azzeramento dell'organico aziendale. Tanto aveva indotto alcuni operatori a considerare superflua la comunicazione finale.

La Corte chiarisce invece che il contenuto di detta comunicazione è più ampio rispetto alla mera indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta, in quanto include anche l'elenco dei lavoratori licenziati (con l'indicazione del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell'età e del carico di famiglia) e solo attraverso la puntuale conoscenza di tali informazioni è possibile verificare la veridicità di quanto dichiarato in sede di confronto e quanto effettivamente avvenuto.

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