Contenzioso

Amianto, benefici contributivi e collegamento con il diritto al trattamento pensionistico

di Silvano Imbriaci

Nell'ambito della sempre attuale vicenda dei riflessi previdenziali relativi all'esposizione nel corso dell'attività lavorativa all'amianto (art. 13, comma 8, l. n. 257/1992), alcune recenti sentenze della Cassazione (19 dicembre 2018, nn. 32882 e 32883) offrono un'interessante digressione sulle modalità di applicazione del regime più favorevole in materia, tra vecchia e nuova disciplina, tentando di ricostruire in modo unitario il sistema. La questione infatti riguarda un'apparente contraddizione nella giurisprudenza di legittimità: da una parte l'affermazione circa la coincidenza tra beneficio della rivalutazione contributiva e diritto a pensione, ai fini della maturazione dei requisiti per l'accesso al regime più favorevole dettato dall'art. 13 cit. prima dell'introduzione delle nuove regole contenute nell'47 del d.l. n. 269/2003 conv. in l. n. 326/2003; dall'altra la necessaria individuazione di tale beneficio come autonomo, ossia dotato di specifici requisiti e presupposti, rispetto al trattamento pensionistico, ai fini dell'applicazione della disciplina della prescrizione e della decadenza. Questa (apparente) distonia viene risolta dalla Corte attraverso l'esame delle norme che si sono avvicendate rispetto alla disciplina iniziale sulla rivalutazione (cfr. art. 13 cit.):
a) la legge di conversione n. 326 del 2003 (d.l. n. 269) che aggiunge all'art. 47 del d.l. cit. il comma 6 bis che esclude dalla nuova disciplina (più restrittiva) in punto di accesso al beneficio i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui alla legge n. 257/1992, nonché i lavoratori che alla data del decreto fruiscono della mobilità o abbiano definito la risoluzione del rapporto in base alla domanda di pensionamento;
b) la legge n. 350 del 2003 che all'art. 3, comma 132, che, rispetto alla data del 3 ottobre 2003, fa salve le previgenti disposizioni in favore dei lavoratori che abbiano già maturato, a detta data, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla legge n. 257/1992, o mediante maturazione del diritto a pensione o per effetto di riconoscimento in via amministrativa e/o giudiziaria, oltre che in favore dei lavoratori che a detta data abbiano già avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per il riconoscimento del diritto.
La Cassazione, con orientamento costante, ritiene che la vecchia regolamentazione sia fatta salva solo in favore dei lavoratori che abbiano maturato il diritto a pensione e non semplicemente il diritto al beneficio, sulla base della diversità strutturale tra il beneficio iniziale, finalizzato all'incentivazione all'esodo dei lavoratori esposti, e la nuova disciplina del 2003 che invece prende atto delle ripercussioni dell'esposizione a distanza di tempo, e che quindi si evidenzia solo sul piano della misura del trattamento pensionistico e non dell'accesso (cfr. Cass. 11046/2017). In questo senso la rivalutazione contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma ma determina i contenuti del diritto a pensione. Dunque secondo la Corte, la ricostruzione in termini di non autonomia del beneficio rispetto al diritto a pensione deve ritenersi riferita al beneficio contributivo originariamente previsto dall'art. 13 cit., mentre in questo senso non può essere interpretato il "nuovo" beneficio introdotto nel 2003. La maturazione del diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all'art. 13 alla data del 2 ottobre 2003, deve essere intesa come perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico, anche sulla base del beneficio di cui alla l. n. 257/1992, art. 13, comma 8, per cui tale locuzione, come usata dalla legge n. 350/2003, costituisce una conferma di quanto già era contenuto nell'interpretazione dell'art. 13 cit. in punto della necessaria maturazione del diritto al trattamento pensionistico (secondo il vecchio regime). I lavoratori esposti all'amianto prima dell'ottobre 2003, anche per un periodo superiore a 10 anni, non sono per questo titolari di un diritto soggettivo perfetto al trattamento pensionistico, ma sono da considerarsi portatori di una legittima aspettativa alla concretizzazione di tale diritto al momento della futura maturazione del diritto a pensione. Al di là di questa limitata applicazione, alla pretesa relativa alla rivalutazione contributiva, dopo il 2003, possono applicarsi gli istituti della decadenza e della prescrizione, in quanto con la domanda intesa all'accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, o alla rivalutazione dei singoli ratei come erroneamente liquidati in via amministrativa, ma il diritto ad un beneficio autonomo che, seppur collegato con il diritto a pensione, ha una sua specifica individualità e autonomia, in quanto agisce sulla contribuzione ed è dotato di requisiti distinti rispetto al diritto al trattamento pensionistico.

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