Contenzioso

Parasubordinati, illegittimi i rapporti per attività ordinarie coincidenti con l’oggetto sociale del committente

di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

Con la recente sentenza emessa dalla Corte d'appello di Roma, Sezione Lavoro, il 5 giugno 2017, la giurisprudenza si è nuovamente soffermata sui requisiti di validità di un contratto di collaborazione a progetto e sulle conseguenze derivanti dall'accertata illegittimità di tale rapporto, pronunciandosi anche in merito ai profili connessi alla successione di più rapporti di lavoro di diversa natura tra le stesse parti.

La decisione della Corte capitolina, nel richiamare la disciplina applicabile ratione temporis ai sensi del Dlgs 276/2003 ai rapporti di lavoro a progetto, ha confermato la sentenza di primo grado laddove aveva dichiarato l'invalidità del contratto di lavoro a progetto intercorso tra le parti e la conseguente nullità derivata del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato successivamente intercorso tra le stesse parti, convertendo tali contratti in un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Tuttavia, la Corte d'appello ha parzialmente riformato la sentenza impugnata laddove aveva erroneamente condannato il datore di lavoro, oltre che alla riammissione in servizio del lavoratore, anche al pagamento delle differenze retributive maturate durante il rapporto di lavoro a progetto, ritenendo invero applicabile a tale fattispecie l'indennità risarcitoria prevista dall'articolo 32, comma quinto, della legge n. 183/2010, compresa tra 5 e 12 mensilità globali di fatto dell'ultima retribuzione. Nel caso sottoposto al vaglio della Corte, tale indennità è stata quantificata in sette mensilità globali di fatto dell'ultima retribuzione, in luogo delle differenze retributive di ben maggiore importo di cui alla sentenza di prime cure.

Nel decidere il caso, la Corte ha preliminarmente rammentato quali siano i requisiti di validità del contratto di lavoro a progetto secondo la giurisprudenza in materia, aderendo all'orientamento della Suprema corte secondo cui (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 6 settembre 2016, n. 17636) «il progetto concordato non può consistere nella mera riproposizione dell'oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l'ordinaria attività aziendale», poiché, in caso contrario, il rapporto di lavoro progetto presenta un evidente difetto originario della causa tipica della fattispecie astratta.

Secondo la Corte capitolina, il predetto vizio determina «per ciò solo» la conversione del negozio in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, senza che sia necessario accertare se le concrete modalità di svolgimento del rapporto in esame presentino o meno gli indici della subordinazione (così, ex multis, Cassazione civile, sez. lav., 31 agosto 2016, n. 17448).

Inoltre, con riferimento al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato concluso dalle parti a seguito del rapporto di lavoro a progetto, la Corte ha confermato come anche tale rapporto fosse invalido, poiché concluso a seguito di un contratto di lavoro convertito in un rapporto subordinato a tempo indeterminato, ed essendo preclusa per legge la limitazione temporale di un contratto a tempo indeterminato nel corso del suo svolgimento.

Infine, la Corte ha puntualizzato che in tali casi, oltre alla riammissione in servizio e contrariamente a quanto deciso dal Giudice di primo grado, alla conversione del rapporto consegue il pagamento della sopra citata indennità risarcitoria ex articolo 32 della legge n. 183/2010, compresa tra 5 e 12 mensilità globali di fatto, di natura onnicomprensiva ed insuscettibile di essere ridotta dell'aliunde perception eventualmente maturato.

Secondo la Corte, la predetta norma ha portata ampia ed opera ogni qual volta alla caducazione del rapporto a termine si accompagni la sua «rinascita», anche se con diversi profili soggettivi e/o temporali, aderendo alla giurisprudenza di legittimità sul punto (ex multis, Cassazione civile, sez. lav., 1 agosto 2014, n. 17540).

La Corte d'appello ha infine evidenziato come tale soluzione sia coerente con la norma d'interpretazione autentica di cui all'articolo 13, comma primo, della legge 92/2012, che si riferisce, in modo altrettanto omnicomprensivo, a tutti i casi in cui sia prevista la ricostituzione del rapporto di lavoro.

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