Procedura di mobilità ex L. n. 223/1991
La scansione della durata temporale dei vari segmenti della procedura del licenziamento collettivo, posta dall’art. 4, commi 6 e 7, della legge n. 223/1991, sembra essere posta a favore dell’azienda al fine di limitarne la portata temporale ad un termine certo. Il licenziamento collettivo è infatti posto in una logica di procedimentalizzazione che ammette l’atto recessivo unicamente al termine delle c.d. fasi sindacale e istituzionale. Ove le parti, in ragione della complessità o della dinamica dell’attività negoziale intendessero proseguire nella trattazione negoziale ampliando la durata della fase sindacale non sembrerebbero riscontrarsi particolari ragioni di pregiudizio per la procedura medesima. Tale condizione sarebbe del resto favorita dall’azienda che, ben potendo invocare la fase istituzionale, avrebbe invece permesso il prosieguo di quella sindacale. E’ evidente che, nella circostanza di un mancato accordo nella fase sindacale, si renda necessario il prosieguo della trattativa in via istituzionale al fine del completamento della procedura secondo i termini di legge. Del resto non si riscontrano previsioni sanzionatorie per il mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 4, comma 6, della legge n.223/1991 assumendo essi, ove temporalmente ampliati, un evidente carisma ordinatorio e mai perentorio. L’unica sanzione sarebbe connaturata con la illegittimità dei licenziamenti allorquando il mancato rispetto dei termini fosse maliziosamente preordinato a spregiare il controllo “ex-ante” del sindacato nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo.