Contenzioso

Nel rito Fornero possibile una domanda unica per articolo 18 e tutela obbligatoria

di Massimiliano Biolchini e Fiammetta Rivolta

Con sentenza 24983 del 6 dicembre 2016 la Cassazione ha definitivamente sancito un principio di apparente buon senso, ma che si presta a possibili abusi, già ampiamente dibattuto nelle aule di tribunale dall'avvento del rito Fornero.

Infatti, in base alla sentenza 24983/2016, la domanda di tutela avverso il licenziamento nelle ipotesi regolate dal nuovo articolo 18 dello statuto dei lavoratori novellato e quella avente ad oggetto, in via subordinata, la tutela dell'articolo 8 della legge 604/1966 (la cosiddetta tutela obbligatoria, applicabile alle aziende sotto i 15 dipendenti), possono essere contenute in un unico ricorso, proposto con rito Fornero, secondo l'articolo 1 comma 48, della legge 92/2012.

Non appare, infatti, coerente con il vigente sistema normativo che il lavoratore sia costretto a riproporre la domanda una volta che si accerti in giudizio l'assenza dei requisiti occupazionali in capo al datore di lavoro per l'applicazione dell'articolo 18 (che si applica soltanto alle unità locali con più di 15 dipendenti o complessivamente più di 60 a livello nazionale).

La conclusione a cui è giunta la Suprema corte fa proprio e conferma definitivamente un orientamento già sviluppatosi in seno alla giurisprudenza la quale - più volte interrogatasi sull'opportunità che il rito Fornero venga utilizzato dal lavoratore anche al fine di chiedere l'accoglimento, seppur in via subordinata, di una domanda di riconoscimento di tutela di natura reale - ha sancito, con diverse pronunce, il via libera a questo doppio e coesistente canale di tutela.

In particolare, la Cassazione, rifacendosi al contenuto di precedenti sentenze sul punto, precisa come la possibilità di ricorrere al rito Fornero, in presenza di una domanda subordinata avente a oggetto la richiesta di tutela di natura obbligatoria, trovi fondamento nella circostanza per cui entrambe tali domande risultano fondate sui medesimi fatti costitutivi, considerato come la dimensione dell'impresa non possa essere qualificata come elemento costitutivo della domanda del lavoratore.

In aggiunta, non è da trascurare come la prospettata interpretazione estensiva della disciplina prevista dalla legge 92/2012 consenta di evitare la parcellizzazione dei giudizi, in modo che da un'unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro possa scaturire un unico processo (Cassazione 12094/2016). Una tale trattazione congiunta non determina peraltro nessun aggravio istruttorio, evitando, al contrario, una inutile rinnovazione dell'attività processuale, oltre al frazionamento dei processi cui accede il rischio di giudicati contrastanti (Cassazione 17107/2016).

Infine, sulla base delle medesime considerazioni appena riportate, nella sentenza 24983/2016 viene ribadito che, nel caso di impugnativa di licenziamento mediante rito Fornero, è ammissibile la proposizione, in via subordinata, da parte del lavoratore, delle domande di pagamento del trattamento di fine rapporto e dell'indennità di preavviso, in quanto nascenti dalla cessazione del rapporto e quindi fondate su fatti costitutivi già dedotti, sicché il relativo esame non comporta un indebito ampliamento del tema sottoposto a decisione, evitando anche in questo caso il frazionamento dei processi o delle pronunce in mero rito (in questi termini, si veda Cassazione 17091/2016).

Di fatto l'indirizzo giurisprudenziale sopra descritto non è scevro dal rischio di potenziali abusi, laddove sarà comunque possibile depositare comunque un ricorso in rito Fornero (che gode di corridoio preferenziale e notevoli semplificazioni processuali) anche avverso una società pacificamente avente meno di 15 dipendenti, avendo semplicemente cura di formulare una domanda di reintegrazione in base all'articolo 18 in via principale (magari allegando un presunto e inesistente motivo discriminatorio o ritorsivo), al solo fine di potersi poi avvalere della domanda subordinata di tutela obbligatoria.

La sentenza 24983/16 della Corte di cassazione

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