Contenzioso

Anche il sostituito non residente può chiedere il rimborso della ritenuta fiscale

I chiarimenti della Cassazione dopo la contestazione delle Entrate a una società nazionale di omesso versamento delle ritenute

di Salvatore Servidio

Nel caso oggetto della sentenza 14817/2023 della Corte di cassazione, l'agenzia delle Entrate aveva accertato nei confronti di una società nazionale l'omesso versamento di ritenute per l'anno d'imposta 2006. In pratica, la società aveva ottenuto un finanziamento da una sua controllante inglese per effetto del quale le era stato messo a disposizione un conto corrente di finanziamento. Erano quindi maturati interessi passivi che avrebbero dovuto essere assoggettati a imposizione nella misura del 12,5%, in base all’articolo 26, comma 5, del Dpr 600/1973 in favore del Fisco italiano, assumendosi invece che gli interessi fossero stati versati per intero dalla società italiana alla controllante estera, senza operare alcuna trattenuta e versamento.

L'avviso di accertamento veniva perciò notificato alla società italiana, sostituto d'imposta, che la stessa provvedeva a onorare.La conseguente istanza di rimborso presentata dalla società inglese delle somme versate dalla controllata italiana non è stata accolta dalle Entrate, nei cui confronti le due società hanno proposto congiuntamente impugnazione, che è stata rigettata dalla Commissione tributaria provinciale «sul presupposto che la ricorrente non aveva dato prova di essere stata beneficiaria degli interessi e che tali interessi siano stati assoggettati ad imposizione nel Regno Unito».

In appello la decisione è stata riformata, affermando la sussistenza del diritto al rimborso, pronuncia contestata dall'ammministrazione finanziaria in Cassazione. Nel decidere la vertenza, la Corte di legittimità accoglie il ricorso erariale affermando i seguenti principi di diritto in tema di rimborso delle ritenute subite a titolo di imposta, ossia:
- che anche il sostituito non residente può presentare la domanda di rimborso;
- che se solo il sostituto presenta domanda di rimborso e si forma il silenzio-rifiuto è inammissibile il ricorso notificato dal sostituito.

Nello specifico, la Cassazione ritiene che la critica operata dalla ricorrente alla pronuncia di merito risulta fondata, atteso che, pur avendo ritenuto che la società britannica fosse il beneficiario effettivo e possedesse anche gli ulteriori requisiti di legge per conseguire in astratto il rimborso, competeva comunque alla Commissione regionale accertare che, in concreto, la società controllante straniera potesse vantare un titolo per domandare la restituzione di somme versate dalla controllata italiana.

La questione - insiste la Cassazione - è che la società inglese domanda al Fisco italiano il rimborso di somme che neppure allega e tanto meno prova di aver versato all'erario indirettamente, fermo restando che è pacifico che non lo abbia fatto direttamente perché il versamento è stato effettuato dalla società italiana dopo la notifica dell'avviso di accertamento.Al riguardo, rappresenta principio generale incontestato che chi agisce per conseguire un rimborso, pertanto la restituzione di somme che afferma di avere corrisposto, debba dimostrare di averle versate (ai sensi dell'articolo 2697 codice civile).

Evidentemente, continua la sentenza in esame, una valutazione diversa dovrebbe proporsi nell'ipotesi in cui la società italiana avesse provveduto a operare e versare le trattenute, perché in questo caso la società inglese avrebbe ricevuto una minor somma a titolo di interessi e subito un pregiudizio economico suscettibile di restituzione al ricorrere delle condizioni di legge. Del pari la società inglese disporrebbe di un titolo per conseguire la restituzione delle somme qualora avesse rimborsato alla società italiana gli oneri sopportati ma, anche a tale riguardo, deve rilevarsi che la società inglese neppure prova di avervi provveduto.

Quanto alla società italiana, la Cassazione rileva che non ha operato le trattenute dovute ex lege e non le ha versate all'Erario e che solo a seguito della notifica dell'atto inpositivo ha provveduto a onorare il proprio debito, prestando acquiescenza all'avviso di accertamento (articolo 15, Dlgs 218/1997), divenuto incontestabile, con la conseguenza che non ha titolo per promuovere un'azione di rimborso.Non avendo la società italiana proposto al Fisco italiano l'istanza di rimborso per cui è causa, la stessa non possiede pertanto la legittimazione ad agire in giudizio.

In definitiva, la pretesa di rimborso proposta dalle due società – conclude la Cassazione - risultava sin dall'origine priva di fondamento.Merita di essere ricordata che di recente la Corte di cassazione (sentenza 12184/2023) ha stabilito che la società controllante è legittimata alla presentazione dell'istanza di rimborso del tributo ritenuto non dovuto, non rilevando che la società controllata abbia sottoscritto l'atto di adesione anche relativamente alle ritenute sugli interessi corrisposti, con rinunzia al diritto di impugnazione e ad eventuali pretese di rimborso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©