Censis: giovani occupati più rari. In dieci anni sono diminuiti del 7,6%
Nel Rapporto sul welfare aziendale 2012-2022 resta forte il gap generazionale
Un mercato del lavoro sempre più squilibrato, in cui tendono a contrarsi i giovani e la fascia d’età centrale, a favore degli anziani il cui peso è in progressiva crescita. Nel decennio 2012-2022 gli occupati appartenenti alla fascia d’età 15-34anni sono diminuiti del 7,6%, quelli tra 35-49 anni sono calati del 14,8%, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8% e quelli con 65 anni e oltre del 68,9%. Con le attuali tendenze demografiche questo fenomeno tenderà ad acuirsi nel tempo: nel 2040 si prevede che le forze di lavoro saranno complessivamente diminuite dell’1,6%.
È questo il quadro tracciato dal 6° Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, realizzato in collaborazione con Eudaimon, con il contributo di Credem, Edison e Michelin che fotografa un mercato del lavoro, con un forte gap generazionale e di genere, dove tra chi lavora il 21,3% è occupato con forme contrattuali non a tempo indeterminato (tempo determinato, part-time, collaborazioni): sono soprattutto donne (27,9% delle lavoratrici rispetto al 16,5% degli uomini) e giovani 15-34enni (39,3% in media e 46,3% tra le donne). È diffuso il part-time involontario che coinvolge il 10,3% dei lavoratori, ma penalizza più le donne (il 16,7% rispetto al 5,7% degli uomini) e i giovani (il 13,9% dei 15-34enni). Tra gli occupati giovani, la percentuale del part-time involontario raggiunge il 20,9% tra le giovani donne contro il 9% tra i maschi.
Nel frattempo cresce il numero di occupati che si dimettono per cercare un posto migliore. Il fenomeno delle “grandi dimissioni” nei primi nove mesi del 2022 ogni giorno in media ha interessato 8.500 lavoratori, il 30,1% in più rispetto allo stesso periodo del 2019, dunque al periodo pre pandemia. È un segnale di dinamismo considerando che nello stesso arco temporale, ogni giorno in media 49.500 italiani hanno iniziato un nuovo lavoro, il 6,2% in più rispetto al 2019. Il 46,7% degli occupati italiani lascerebbe l'attuale lavoro, la percentuale raggiunge il 50,4% dei giovani e il 45,8% degli adulti, il 58,6% degli operai, il 41,6% degli impiegati e solo il 26,9% dei dirigenti. Le motivazioni?Per il 65% degli occupati le opportunità di avanzamento professionale sono insufficienti. Il 44,2% considera lo stipendio non adeguato alle proprie esigenze (il 53% tra i giovani). Il 42,6% teme di potersi ritrovare disoccupato nel prossimo futuro ( 51,6% tra gli addetti delle piccole imprese
Il calo dei giovani occupati, per il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri «è un dato preoccupante, si parla troppo poco di lavoro e quando si parla di lavoro, è lavoro precario. Bisogna intervenire, come abbiamo chiesto a questo governo e a quello precedente, sul lavoro precario, sul lavoro povero».
Un capitolo del rapporto riguarda gli strumenti di welfare aziendale: sono conosciuti dal 64,9% dei lavoratori, ma solo il 19,8% sa con precisione di cosa si tratta. Tra i servizi e le prestazioni più richieste, spicca un supporto personalizzato, tagliato su misura rispetto alle proprie esigenze apprezzato dal 79,4% dei lavoratori desidera, inoltre il 79,2% chiede maggiori opportunità di conciliazione tra vita familiare e lavoro, il 79,1% integrazioni del reddito, il 78% un aiuto per risolvere i problemi burocratici nel rapporto con le amministrazioni pubbliche, il 68,1% una consulenza psicologica per affrontare le difficoltà quotidiane.
Sempre in tema di nuove tendenze del mercato del lavoro, lo smart working interessa il 12,2% degli occupati (rispetto al 4,9% del 2019). Per l’81,3% consente una migliore conciliazione tra vita privata e lavoro, per il 74,8% riduce lo stress legato al lavoro in presenza, per il 74,1% permette di lavorare in contesti migliori del luogo di lavoro deputato, per il 72,4% il giudizio è positivo solo se il lavoro da remoto è alternato con giorni di lavoro in presenza.