La contrattazione aziendale può essere campo di sperimentazione in cui plasmare in una logica partecipativa modelli organizzativi orientati allo sviluppo delle competenze e all'innovazione, con i sistemi di classificazione e inquadramento che non contengono soltanto il "prezzo" delle mansioni ma una leva strategica per la produttività e la qualità del lavoro
Il cuore della contrattazione collettiva, sin dalle sue origini, è la classificazione economica e l'inquadramento giuridico del lavoro. È infatti nei sistemi di classificazione e inquadramento dei contratti collettivi che viene identificato cosa si compra e cosa si vende sul quel mercato particolare che è il mercato del lavoro, una volta stabilito che il lavoro non è merce. Quello che si compra è dunque il tempo di lavoro delle persone, un tempo qualificato da competenze, specializzazioni, capacità che formano profili professionali e mestieri. È il contratto collettivo che, grazie al processo di divisione sociale e tecnica del lavoro, stabilisce il valore economico di scambio (di mercato) dei singoli mestieri attraverso la loro riconduzione a qualifiche contrattuali.
Nonostante ciò, gli studiosi e gli operatori delle relazioni di lavoro, almeno quelli più attenti al formalismo giuridico e a quanto avviene nelle aule dei tribunali, tendono a circoscrivere l'analisi sui sistemi di classificazione e inquadramento dentro la mera funzione di limite (od ostacolo) alla mobilità endo-aziendale e al potere datoriale di modificare le mansioni del proprio dipendente. I livelli di inquadramento, le qualifiche contrattuali e le mansioni identificate dai contratti collettivi sono cioè intese come mero criterio identificativo del "debito" che il lavoratore ha nei confronti del datore di lavoro e del "credito" che questi può esigere. Non a caso, le principali riflessioni in materia raramente hanno per oggetto l'esame dei testi contrattuali ma piuttosto hanno come parametro di riferimento le rassegne della giurisprudenza, ad uso e consumo di consulenti e avvocati, che sistematicamente si interrogano fino a dove si può spingere il potere unilaterale del datore di lavoro di assegnare il lavoratore a compiti diversi rispetto a quelli originariamente pattuiti.
Poco o nulla si sa, per contro, del sé e del come cambiano ruoli, mestieri e professionalità individuati dai contratti collettivi di categoria sottoscritti a livello nazionale, ridotti nella teoria e nella pratica a mere scale gerarchiche di "salario" senza alcuna incidenza rispetto ai percorsi di costruzione delle competenze, i modelli organizzativi aziendali, la promozione e valorizzazione della professionalità, le politiche attive del lavoro e la riqualificazione del personale. Ancor meno si conosce, peraltro, delle soluzioni adottate dai contratti aziendali, a cui in molti casi gli stessi contratti collettivi di categoria rinviano per la implementazione dei sistemi di classificazione e inquadramento del personale. Eppure, come emerge dall'osservatorio FareContrattazione di ADAPT, la materia è tra le più trattate dalle relazioni sindacali in azienda: nel 2023, il 16% degli accordi raccolti nella banca dati si occupa del tema. E il numero cresce ulteriormente, fino al 26%, se si prendono in considerazione anche gli accordi che hanno ad oggetto piani formativi per lo sviluppo della professionalità. Le aziende più attive sul punto sono quello che appartengono ai sistemi contrattuali dell'industria alimentare (85%), dell'occhialeria (50%), seguiti dal settore chimico-farmaceutico (33%) e industria metalmeccanica (25%). Tutti settori nei quali, nelle ultime tornate contrattuali dei rinnovi nazionali, sono stati adottate delle riforme più o meno ampie dei sistemi di classificazione e inquadramento. Le clausole collettive negoziate a livello aziendale sono in linea generale di due tipi. Una prima tipologia di previsioni, che possiamo definire di "struttura", interviene in modifica del sistema di classificazione e inquadramento del contratto nazionale, integrandolo con profili professionali ulteriori se non addirittura sostituendolo del tutto, oppure affida la gestione e l'aggiornamento e dei sistemi di classificazione a commissioni e comitati paritetici. Una seconda tipologia di previsioni è quella che comprende norme di "comando", cioè tutte quelle clausole contrattuali che si pongono in termini dinamici nella gestione dell'inquadramento della professionalità, definendo i percorsi di mobilità endo-aziendale (ma anche extra aziendale), i percorsi di carriera, premialità economiche.
In numerosi contratti aziendali, per esempio, sono contrattate forme di retribuzione variabile legate alle competenze e conoscenze riconosciute al lavoratore sia a livello "oggettivo", per il solo fatto di essere inquadrato con una data qualifica contrattuale (Banca di Imola, 26 ottobre; Cassa di Ravenna del 31 marzo 2023), sia a livello "soggettivo", in termini di valutazione della performance individuale e delle competenze espresse in concreto dal singolo lavoratore (Balenciaga Logistica, 5 maggio 2023). Così come vi sono accordi aziendali che configurano veri e propri percorsi di sviluppo professionale, con la elaborazione di specifici mansionari (Bolton Food, 20 giugno 2023), la costituzione di livelli intermedi (Lift Truck Equipment) la valorizzazione della polivalenza e della polifunzionalità, ove presente (Granarolo, 12 ottobre 2023; Parmalat, 13 luglio 2023). Tutte buone pratiche, talvolta episodiche talaltra espressione dei sistemi contrattuali nazionali, ma che mostrano come la contrattazione aziendale possa essere campo di sperimentazione in cui plasmare in una logica partecipativa modelli organizzativi orientati allo sviluppo delle competenze e all'innovazione, con i sistemi di classificazione e inquadramento che non contengono soltanto il "prezzo" delle mansioni ma una leva strategica per la produttività (anche individuale) e la qualità del lavoro.
Ccnl Area Meccanica
di Studio Associato Paola Sanna e Luca Vichi