Rapporti di lavoro

Cryptovaluta ai dipendenti solo come bene o servizio

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di Luca Furfaro

Il 31 ottobre si è festeggiato l'anniversario della scrittura del white paper Bitcoin, documento che nel 2008 ha posto le basi per lo sviluppo della cryptovaluta più importante e famosa. Parlando di Bitcoin si fa riferimento ad una valuta digitale, decentralizzata, globale e slegata da qualsiasi banca ideata dalla persona nota con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto; nel mondo è stata stimata la presenza di circa 11.000 diverse cryptovalute. La criptovaluta, sottratta all'emissione e al controllo di una banca centrale, viene gestita attraverso la tecnologia blockchain, utile e apprezzata anche in diversi altri campi.

È recente la proposta diffusa dal sindaco di Miami, Francis Suarez, di pagare i lavoratori pubblici attraverso una cryptovaluta, i Bitcoin in questo caso, lasciando ai dipendenti la scelta tra dollari oppure moneta digitale. Dobbiamo dire che Francis Suarez, in precedenza, aveva già proposto che la città di Miami investisse in Bitcoin ma la sua idea non venne approvata.

Per quanto riguarda l'Italia ci si è da diverso tempo iniziati a interrogare sul trattamento che le cryptovalute possano avere e se, nel caso del rapporto di lavoro dipendente, tali monete potessero diventare mezzo di pagamento.

Sul punto l'agenzia delle Entrate, risoluzione 72/E del 2016, prendendo come riferimento il bitcoin, ha affermato che è una tipologia di moneta virtuale, o meglio criptomoneta, utilizzata come moneta alternativa a quella tradizionale, la quale ultima è emessa da un'autorità monetaria e ha valore legale. Dal canto suo il Dlgs 90/2017 ha definito la valuta virtuale come la rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente.

Le due definizioni in sostanza sottraggono la cryptovaluta dalla validità legale, questo poiché, come affermato anche dal Consiglio nazionale del notariato (antiriciclaggio – compravendita di immobile – pagamento del prezzo in bitcoin – quesito antiriciclaggio 3-2018/B) si tratta di un sistema decentralizzato, che utilizza una rete di soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare specifica né a una autorità centrale che ne governa la stabilità nella circolazione.

Tale definizione comporta, sul piano del diritto un'importante esclusione, poiché, come disciplinato dall'articolo 1277 del Codice civile, «i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale».

Nel caso del lavoratore dipendente, creditore dell'azienda, esso può normativamente accettare solo pagamenti effettuati con moneta tradizionale, cioè emessa da un'autorità centrale riconosciuta dallo Stato ancorché privata, quindi di fatto non di proprietà della collettività come gli strumenti basati sulla tecnologia blockchain.

Seppure non venga contemplata come moneta legale, la cryptovaluta può essere erogata al personale dipendente attraverso concessioni pattizie; ai fini del trattamento fiscale rispetto al reddito da lavoro dipendente e assimilato, come richiamato dalla risposta a interpello 14/2018 il principio di onnicomprensività riporta all'imponibilità «tutte le somme ed i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».

Con tale indicazione, ricomprendendo quindi anche le erogazioni diverse dalle somme, si fa rientrare tale erogazione nel reddito di lavoro dipendente, salvo quanto previsto dai diversi commi dell'articolo 51 Tuir. In particolare, il comma 3 dell'articolo prevede che «non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a lire 500.000 (258,23 euro); se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito». Sul punto si ricorda che, con la legge di conversione del decreto Sostegni, è stato prorogato, anche per il periodo d'imposta 2021, l'innalzamento da 258,23 a 516,46 euro del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall'azienda ai lavoratori dipendenti che non concorre alla formazione del reddito imponibile.

Escludendo quindi le cryptovalute dal concetto di somme, e facendole invece rientrare nel concetto di beni e servizi, al superamento della soglia anzidetta, in ossequio del principio di onnicomprensività, costituendo per i percettori reddito di lavoro dipendente, si dovrà provvedere da assoggettare a ritenuta in base all'articolo 23 del Dpr 700/1973. Ai fini della valutazione, dovendo, come per tutti i beni e servizi, rilevare il valore normale del bene, ma non esistendo per tale moneta un cambio di riferimento, si richiama quanto previsto dalla risposta 956-39/2018: l'Agenzia indica come valore di riferimento il cambio del sito dove è stata acquistata la cripto o del sito dove effettua la maggioranza delle operazioni. Tale reddito sarà imponibile nel momento dello scambio, ovvero della messa a disposizione della valuta.

Occorre infine rammentare che, dopo l'erogazione da parte dell'azienda, sul dipendente in possesso della cryptovaluta gravano obblighi dichiarativi. Difatti per i soggetti non in regime di impresa, l’interpello 956-39/2018, non proprio in maniera coerente con le ulteriori interpetazioni, assimila le criptovalute alle valute estere, seppure senza uno Stato di riferimento. A tale fine «le persone fisiche…residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi», sarà quindi necessario per i possessori di cryptovaluta la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi, oltre all'eventuale dichiarazione di plusvalenze dovute alla successiva vendita.

Le forti fluttuazioni, il loro difficile inquadramento normativo, oltre alle recenti polemiche sul loro impatto ambientale, hanno comunque reso il fenomeno di utilizzo della moneta virtuale come forma di remunerazione ancora abbastanza raro in attesa di una maturazione del mercato di riferimento.

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