Rapporti di lavoro

Detassazione delle mance per bar e ristoranti, una idea superata

L’esame del trattamento fiscale delle mance negli altri Paesi europei aiuta a comprendere le criticità della norma proposta nel Ddl di Bilancio 2023

di Antonio Carlo Scacco

L'articolo 14 del disegno di legge bilancio attualmente in discussione alla Camera prevede una detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di alimenti e bevande sotto forma di imposta sostitutiva dell'Irpef e delle addizionali pari al 5 per cento, nel limite del 25 per cento del reddito percepito nell'anno per le prestazioni di lavoro.
L'idea non è nuova. Una ipotesi di detassazione delle mance limitata ai soli bar e ristoranti appare molto simile a quella indicata dal deputato francese Jean-Noël Barrot un paio di anni orsono come emendamento alla legge finanziaria francese del 2022 e ripresa con enfasi dallo stesso Macron in occasione del Salon international de la restauration, de l'hôtellerie et de l'alimentation il 27 settembre 2021. La norma mirava ad alleviare il sistema di tassazione delle mance previsto dagli articoli L3244-1 e L3244-2 del Code du travail il quale prevede semplicemente che tali erogazioni si aggiungono alla retribuzione del lavoratore (e pertanto sono tassate come tali) salvo che il datore non garantisca un salario minimo. L'idea di Jean-Noël Barrot si rivelò, per sua stessa ammissione, non priva di problematiche applicative (le stesse che potrebbero essere avanzate circa la applicabilità della norma in discussione alla Camera). La difficoltà principale da superare per assicurare la efficacia della misura è rappresentata dalla separazione della mancia dall'intero pagamento nei casi di utilizzo della carta di credito o mezzi di pagamento similari. Si era pensato in proposito alla creazione di un sistema basato su un codice QR con la possibilità di dare la mancia scansionando tale codice mediante lo smartphone del cliente. Ma, considerata la scarsa praticabilità di questa ed altre soluzioni, l'Assemblée Nationale ha ritenuto di approvare una integrale esenzione, sia fiscale che contributiva, delle mance erogate direttamente dal cliente a titolo di liberalità al lavoratore o versate al datore (articolo 5 della Loi 2021-1900), sia pure limitata agli anni 2022 e 2023 e subordinata a determinati requisiti reddituali del lavoratore. Una vicenda, quella francese, che forse dovrebbe essere considerata con attenzione dal nostro legislatore.

La tassazione delle mance: un esame comparato

Può essere interessante esaminare rapidamente i sistemi di tassazione delle mance nei principali paesi europei. In Germania, in base alla legge dell'imposta sul reddito (Einkommensteuergesetz (EStG), sezione 3 n. 51), le mance (trinkgeld) sono esentasse senza limiti di importo ove siano elargite volontariamente da terzi al dipendente, senza che vi sia un diritto legale alla percezione ed in aggiunta all'importo dovuto. Quindi per valutare se una mancia sia o meno soggetta ad imposizione, occorre fare attenzione alla volontarietà circa la sua erogazione. Se, ad esempio, la mancia viene attribuita al cd. tronc (con il termine "tronc" o "tronco" si fa riferimento ad un sistema di raccolta centralizzato per cui le mance sono accumulate in un fondo comune e poi redistribuite tra tutti i dipendenti in base a regole predeterminate), viene meno il rapporto personale del cliente con il percettore della mancia in quanto quest'ultima viene attribuita in forma anonima. Di conseguenza la Corte federale delle Finanze (Der Bundesfinanzhof, BHF) ha ritenuto le erogazioni a titolo di trinkgeld confluite in un tronc soggette ad imposizione.

Nel Regno Unito le mance (tip) sono soggette ad imposizione (income tax) se elargite direttamente dal cliente al lavoratore ma non sono soggette alla national insurance (all'incirca corrispondente alla nostra assicurazione sociale). Se le mance confluiscono in un tronc, responsabile del pagamento delle relative imposte è il gestore del tronc (troncmaster). Se la mancia è prevista nel servizio (service charges) nel caso in cui il datore decida di erogarla è assimilata in tutto al normale stipendio.

È appena il caso di ricordare come , nella vigenza della Sesta direttiva 77/388/CEE 17 maggio 1977, la Corte Ue (procedimento C-16/93) negò la configurazione di una prestazione di servizi a titolo oneroso in relazione a prestazioni musicali eseguite da un musicista sulla pubblica via e la conseguente dazione di elargizioni volontarie da parte dei passanti. Secondo la Corte si configura una operazione a titolo oneroso (in quanto tale tassabile), soltanto quando tra il prestatore e l'utente intercorra un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni. Inoltre "non ricorre alcuna pattuizione tra le parti, giacché i passanti versano spontaneamente un obolo del quale stabiliscono l'ammontare a loro arbitrio. Peraltro, non sussiste alcuna correlazione necessaria tra la prestazione musicale e le oblazioni ad essa conseguenti. Così, i passanti non chiedono che il musicista suoni per loro; inoltre, essi versano delle somme non già in funzione della prestazione musicale, bensì in funzione di motivazioni soggettive, tra le quali possono intervenire considerazioni di simpatia effettivo del servizio prestato all'utente.". Sono considerazioni, quelle dei giudici europei, perfettamente applicabili alla mancia percepita dal lavoratore.

E in Italia?

La situazione italiana è pesantemente condizionata da una recente ordinanza della Cassazione, peraltro ripresa con una certa enfasi da molti organi di informazione (ordinanza n. 26512/2021). Gli ermellini si espressero in quella occasione proprio sulla questione della assoggettabilità a tassazione delle somme percepite a titolo di mancia. La precedente sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna (sentenza n. 67/8/14) oggetto di ricorso, aveva accolto l'appello di un contribuente avverso l'avviso di accertamento che recuperava a reddito di lavoro dipendente erogazioni a titolo di mance, percepite nello svolgimento delle proprie mansioni di capo ricevimento. La Cassazione, invece, ha accolto le ragioni dell'Agenzia delle Entrate. La natura onnicomprensiva della disposizione contenuta nel Tuir secondo cui "il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro" non lascerebbe, secondo i giudici, dubbi in proposito. Una formulazione (introdotta dal decreto legislativo 4314/1997) assai più ampia di quella precedentemente contenuta nell'articolo 48 TUIR che faceva riferimento, invece, ai compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta anche sotto forma di partecipazione agli utili "in dipendenza del rapporto di lavoro". Non a caso la stessa Agenzia delle entrate, con circolare 326/1997, si affrettò ad includere nella base imponibile le mance "nella integrale misura corrisposta" (salvo la specifica eccezione costituita dalle mance elargite ai croupiers), proprio in ragione del nuovo e più ampio perimetro disegnato per i redditi di lavoro dipendente. Una intepretazione, sia consentito, criticabile sotto molto punti di vista. Nella dazione della mancia vi sono, infatti, tre diversi rapporti (datore di lavoro e dipendente imprenditore e cliente; cliente e lavoratore) dall'ultimo dei quali, classificabile come mero rapporto di fatto e privo di qualsiasi rilevanza giuridica, scaturisce la erogazione della mancia. Il cliente appare totalmente estraneo rispetto al rapporto di lavoro dipendente. Di conseguenza dovrebbe escludersi che la mancia possa essere fiscalmente collocata nell'ambito della categoria dei redditi da lavoro dipendente e trattata alla stessa stregua della retribuzione corrisposta dal datore di lavoro. Il principio di onnicomprensività come ribadito dalla prassi della Agenzia e dalla ordinanza citata difetterebbe sia della relazione causale con l'attività lavorativa sia della relazione intersoggettiva inerente lo schema del rapporto di lavoro, contorno all'interno del quale necessariamente si pone il datore di lavoro che eroga il reddito, il lavoratore che tale reddito percepisce e la nozione stessa di reddito di lavoro dipendente. Si noti che la relazione causale con l'attività lavorativa non può sconfinare in una relazione lata con quest'ultima, al punto da assumere i caratteri di mera condizionalità. Se così fosse anche il ritrovamento fortuito da parte del lavoratore di denaro sul posto di lavoro dovrebbe costituire reddito dal momento che, in assenza del rapporto di lavoro e della conseguente necessità di trovarsi sul luogo di lavoro nell'orario lavorativo, il lavoratore non avrebbe avuto modo di effettuare il ritrovamento. Per poter giustificare una assimilazione della mancia alla retribuzione e, conseguentemente, al reddito di lavoro dipendente, sarebbe quantomeno necessaria - forse - la presenza del carattere della periodicità della sua erogazione (conformemente a determinati usi) nonché una sua regolamentazione pattizia, prevedibilmente in sede di contrattazione collettiva, anche aziendale (ma la regolamentazione collettiva è prevalente nel senso del divieto di accettare mance).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©