Diritto di informazione del sindacato
Un'organizzazione sindacale ha titolo a conoscere le graduatorie di trasferimento, di accesso alla categoria superiore o similari di un'impresa privata di carattere nazionale oppure esistono motivi ostativi di privacy?
Alcune norme di legge disciplinano i diritti di informazione delle organizzazioni sindacali. È il caso, ad esempio, dell'art. 19, co. 5, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, a mente del quale il datore informa i lavoratori a termine, nonché le RSA o la RSU, sui posti vacanti disponibili nell'impresa, secondo le modalità definite dai contratti collettivi; come pure dell'art. 36, co. 3, di tale decreto, il quale dispone che, ogni 12 mesi l'utilizzatore, anche tramite l'associazione dei datori cui aderisce o conferisce mandato, comunica alle RSA o alla RSU o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero di contratti di somministrazione conclusi, la loro durata, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. In sostanza, l'obbligo di informazione deve discendere da una norma di legge o dal contratto collettivo. La "vaghezza" dei termini con cui è formulato il quesito non consente di dare una risposta certa, posto che non sono chiarite le eventuali previsioni del contratto collettivo. In ogni caso, premesso che il fatto che tali informazioni siano fornite dipende anche dai rapporti di forza tra sindacato e datore di lavoro, va evidenziato che l'articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori dispone che è nullo qualsiasi patto o atto diretto a licenziare un lavoratore, discriminarlo nell'assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa dell'affiliazione o attività sindacale o della partecipazione a uno sciopero. In tale ambito quindi, ossia a fronte di eventuali decisioni scorrette del datore, il sindacato è certamente legittimato a intervenire.