Contenzioso

È discriminazione indiretta non differenziare il comporto

Il contratto collettivo di lavoro deve tener conto delle condizioni dei disabili gravi. L’eventuale licenziamento è nullo e il dipendente deve essere reintegrato

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di Giuseppe Bulgarini d’Elci

È nullo il licenziamento irrogato a un lavoratore affetto da sclerosi multipla degenerativa per superamento del periodo massimo di malattia, in quanto la speciale condizione di handicap grave da cui è affetto avrebbe dovuto impedire di applicare pedissequamente la disciplina del Ccnl sul periodo di comporto e imporre, invece, di adottare accorgimenti ragionevoli che tenessero conto della natura irreversibile della malattia.

Né poteva il datore di lavoro fare legittimo affidamento sulla regolamentazione delle assenze per malattia prevista dal Ccnl, perché le disposizioni contrattuali collettive che, senza differenziare tra malattia ordinaria e irreversibile, prevedono il licenziamento di tutti i lavoratori, portatori o meno di una disabilità, al superamento di una soglia massima di giorni di assenza realizzano una forma di discriminazione indiretta.

La Corte d’appello di Napoli (sentenza 168/2023) rimarca che la norma collettiva sul periodo di comporto (nel caso specifico, 180 giorni in un anno solare per tutti i lavoratori) è solo apparentemente neutra e finisce, in realtà, per determinare una ingiustificata disparità di trattamento in un ambito, quello delle assenze per malattia, in cui è fondamentale operare dei correttivi rispetto ai lavoratori affetti da handicap.

A supporto di questa valutazione viene richiamato l’articolo 2 del decreto legislativo 216/2003, in forza del quale si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un atto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona portatrice di handicap in una condizione di particolare svantaggio rispetto ad altri.

In applicazione di questa previsione di legge, il collegio raggiunge due conclusioni non scontate, sulle quali non si registra un indirizzo univoco:

- il contratto collettivo, che disciplina in modo indifferenziato il superamento del periodo massimo di malattia, dà luogo a una discriminazione indiretta;

- il licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato al lavoratore disabile risulta, in tal caso, radicalmente nullo e comporta l’applicazione del regime di tutela reale forte (reintegrazione e versamento delle retribuzioni intermedie).

È del tutto irrilevante che il datore si sia limitato ad applicare la disciplina del Ccnl, così come non merita alcuno spazio la tesi per cui il datore si troverebbe a dover gestire un periodo di comporto senza fine.

I giudici partenopei osservano che era onere del datore prevedere quei ragionevoli accorgimenti che, nel caso specifico, avrebbero potuto consentire di adattare le assenze per malattia del lavoratore disabile alla condizione di handicap degenerativo da cui era affetto. La Corte suggerisce anche una misura di bilanciamento e la individua nel controllo che il datore avrebbe potuto operare sul permanere delle condizioni di idoneità alla mansione.

In ultima analisi, piuttosto che disporre il licenziamento per superamento del comporto, il datore avrebbe dovuto incamminarsi lungo il sentiero del licenziamento per sopravvenuta inidoneità.

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