Contenzioso

Fondo di Garanzia e trasferimento di azienda

L'ammissione allo stato passivo del credito per Tfr con provvedimento definitivo non preclude all'Inps, gestore del Fondo di garanzia, di contestare i presupposti di operatività dell'intervento

di Silvano Imbriaci

La Corte di cassazione, sezione lavoro, 27 dicembre 2022, n. 37789 conferma il proprio orientamento in punto di opponibilità all'Inps dell'accertamento dei crediti retributivi in sede concorsuale, in relazione ai fenomeni circolatori dell'azienda e all'intervento del Fondo di garanzia a tutela dei crediti retributivi stessi, anche alla luce delle novità intervenute per effetto dell'entrata in vigore delle nuove norme di cui al Dlgs 14/2019, articolo 368, comma 4, lettera d).

Alla base della vicenda in esame, infatti, vi è un contratto di affitto di ramo d'azienda da parte di una società in liquidazione a favore di una società cessionaria, con acquisto definitivo del ramo d'azienda successivamente al fallimento della società cedente e la sottoscrizione di un accordo ex articolo 47 della legge 428/1990 con cui viene espressamente esclusa la responsabilità della società cessionaria per i debiti maturati dalla cedente a titolo di Tfr.

La questione pratica si pone nel momento in cui i lavoratori dipendenti della società cedente chiedono il pagamento dei crediti per il Tfr maturato alle dipendenze della stessa società fallita, ottenendone l'ammissione al passivo e poi attivando, sulla base di questa, la procedura per l'intervento del Fondo di garanzia Inps (legge 297/1982).

L'Inps nega il pagamento sulla base del fatto che i rapporti di lavoro in realtà sono continuati per effetto del transito presso la società cessionaria, e questo anche prima del fallimento della società cedente (per effetto del contratto di affitto di ramo d'azienda).

La soluzione della questione si muove dunque su due diversi livelli, apparentemente distinti: a) l'efficacia nei confronti dell'Inps dell'accordo stipulato tra cedente e cessionario dopo l'affitto di azienda e in vista della definitiva cessione del ramo di azienda dopo il fallimento del cedente; b) l'opponibilità all'Inps del provvedimento di ammissione dei crediti del lavoratore allo stato passivo del cedente.

In un primo momento la Cassazione (sentenza 24730/2015) aveva seguito la tesi della intangibilità dello stato passivo: l'ammissione del credito determina la misura dell'obbligazione a carico del Fondo di garanzia, che non soddisfa richieste di pagamento di crediti non ammessi allo stato passivo. L'Inps, dunque, non può mettere in discussione il contenuto dei crediti ammessi alla procedura concorsuale, neppure eccependo l'eventualità di un trasferimento di azienda con conseguente assunzione da parte della società cessionaria dei debiti della società cedente ex articolo 2112 del Codice civile.

La Cassazione nel 2018 ha però adottato un nuovo criterio interpretativo (sentenza 19277 del 19 luglio) basandosi sul presupposto della natura previdenziale (e autonoma) dell'intervento previsto dalla legge 297/1982 e dal Dlgs 80/1992, ormai configurabile come diritto del lavoratore a una prestazione previdenziale, avente presupposti e contorni distinti rispetto al credito retributivo nei confronti del datore di lavoro da cui trae origine. In quanto prestazione previdenziale, autonoma è la disciplina e autonomi sono i presupposti previsti per legge (insolvenza del datore di lavoro; verifica dell'esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo o all'esito di una procedura esecutiva). Il diritto all'intervento del Fondo si perfeziona, pertanto, al verificarsi dei presupposti di legge, collegati all'insolvenza del datore di lavoro e all'accertamento dell'esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all'esito di procedura esecutiva. Una volta diventato definitivo lo stato passivo, se l'Inps non può porre in discussione le ragioni che riguardano i rapporti tra lavoratore e datore di lavoro, può tuttavia procedere alla verifica in piena autonomia dei presupposti d'intervento del Fondo (cfr. Cass. 38696/2021).

Infine, l'accordo stipulato ai sensi della legge 428 del 1990, articolo 47, comma 5, al fine di escludere l'operatività dell'articolo 2112 codice civile, non può essere opposto all'Inps, e non ha il potere di derogare a una disciplina pubblicistica che presiede all'intervento del Fondo. E, aggiunge la Corte, in ogni caso un conto è far gravare sul fallimento della società cedente i debiti relativi al Tfr, un conto è rendere tali crediti immediatamente esigibili, circostanza, questa, che si verifica, nell'ottica dell'intervento Inps, soltanto alla definitiva cessazione del rapporto di lavoro. Sul punto la Corte non si esime dalla considerazione degli effetti delle nuove disposizioni dettate dal Dlgs 14/2019 (Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155) ed è qui il tratto interessante della pronuncia che comunque, per il resto, conferma un orientamento inaugurato nel 2018.

Posto che le nuove norme non trovano applicazione per le procedure aperte prima della loro entrata in vigore, le stesse comunque possono fornire criteri o elementi interpretativi utili (in senso positivo o in senso negativo) a risolvere questioni interpretative pendenti. Nel testo modificato dal Dlgs 14/2019, articolo 368, comma 4, lettera c) è stato poi inserito un comma 5 bis, secondo cui in tali ipotesi non si applica l'articolo 2112, comma 2, del Codice civile e il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell'azienda. Il Fondo di garanzia, in presenza delle condizioni previste dall’articolo 2 della legge 297/1982, interviene anche a favore dei lavoratori che passano senza soluzione di continuità alle dipendenze dell'acquirente; nei casi predetti, la data del trasferimento tiene luogo di quella della cessazione del rapporto di lavoro, anche ai fini dell'individuazione dei crediti di lavoro diversi dal trattamento di fine rapporto, da corrispondere ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del Dlgs 80/1992 . Ebbene, secondo la Cassazione questa indicazione espressa è neutra rispetto all'interpretazione seguita dalla giurisprudenza alla luce della normativa applicabile prima delle modifiche. In ogni caso, non si tratta, in altre parole, di un’indicazione confermativa di una prassi interpretativa già seguita, quanto di una vera e propria regola nuova, che il legislatore ha dovuto introdurre, in «consapevole discontinuità» con le conclusioni cui era giunta la Cassazione, tale da consentire l'immediata esigibilità del credito per Tfr nei confronti del cedente, introducendo una equivalenza (del tutto fittizia) tra data di trasferimento e data di cessazione del rapporto di lavoro, anche se in realtà poi il rapporto di lavoro prosegue senza cesure con il cessionario.

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