[1] Circolare INL 7/2020
[2] Nota INL 685/2021 - Faq 16
[3] Come chiarito dal Ministero del lavoro (interpello 9/2010) e dall'INPS (messaggio 28997/2010), nell'ipotesi in cui il personale ispettivo accerti il mancato pagamento delle indennità di malattia e maternità, l'Istituto dovrà procedere con il pagamento diretto delle stesse a favore del lavoratore e il datore di lavoro incorrerà nella sanzione amministrativa prevista dall'art. 1, comma 12, DL 663/1979, nonché nella sanzione per violazione dell'art. 316 ter c.p. nel caso in cui vi sia stato anche l'indebito conguaglio delle predette indennità.
[4] Rispetto agli importi retributivi previsti dal CCNL, si veda la decisione del Tribunale di Napoli (sentenza 1751/2024) al quale si era rivolto un lavoratore chiedendo che il datore di lavoro desse seguito alla diffida accertativa per crediti patrimoniali emessa dall'Ispettorato del Lavoro di Perugia, per differenze retributive tra quanto percepito ed il trattamento economico previsto dal CCNL. Il datore di lavoro (impresa cooperativa) si era opposto sostenendo di aver sottoscritto con una organizzazione sindacale un contratto di prossimità finalizzato a "garantire una maggiore occupazione, una fase di avviamento aziendale più agevole e la qualità del CCNL", in cambio di alcune deroghe in materia retributiva. Il Tribunale ha riconosciuto la piena legittimità delle richieste del lavoratore (e dell'azione svolta dall'Ispettorato del Lavoro), osservando che il CCNL applicato dal datore (commercio Confsal) era "carente del requisito della rappresentatività", richiamando in proposito i precedenti giurisprudenziali contenuti nella sentenza della Cassazione 3341/1998, e nella nota del Ministero del Lavoro 10310/2012. Il Tribunale ha rilevato "scostamenti di retribuzione elevati" tali da ledere il principio costituzionale della proporzionalità in relazione alla quantità ed alla qualità del lavoro, secondo i principi di diritto elaborati dalla sentenza della Cassazione 3713/2023 sul "salario minimo".
[5] Nota MLPS 4684/2015; interpello 2/2018; nota Inl 685/2021; nota Inl 2414/2023.
[6] Articolo 2, lett. c), DLgs. 14/2019: per sovraindebitamento si intende "lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell'imprenditore minore, dell'imprenditore agricolo, delle start-up innovative […] e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza". Detti soggetti possono accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (ristrutturazione dei debiti, concordato minore e liquidazione controllata), diverse e semplificate rispetto alla procedura concorsuale prevista per gli imprenditori commerciali medio-grandi, al fine di poter ottenere, entro determinati limiti, l'esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui non soddisfatti. In tal modo, viene estesa a tutti i debitori non fallibili (cd. insolventi civili) la possibilità di accedere ad una procedura concorsuale diversa e semplificata
[7] La Cassazione ha precisato che "l'accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore. Ed infatti, quanto a queste ultime, al datore di lavoro è consentito procedere alle ritenute previdenziali a carico del lavoratore solo nel caso di tempestivo pagamento del relativo contributo (ai sensi dell'art. 19 della legge 4 aprile 1952, n. 218); per quanto concerne, invece, le ritenute fiscali, esse non possono essere detratte dal debito per differenze retributive, giacché la determinazione di esse attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e dovranno essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli". Inoltre, la Suprema Corte ha sottolineato che le retribuzioni sono soggette a tassazione secondo il criterio c.d. di cassa e non di competenza; quindi, solo dopo essere state effettivamente percepite dal lavoratore.
[8] In tal senso si è espressa anche la Cassazione (sentenza 25.5.2018, n. 13164) chiarendo che "in sede di accertamento contabile delle differenze retributive spettanti ad un lavoratore, dalle somme lorde che spettano allo stesso devono essere detratte le somme corrisposte dal datore nel loro concreto ed effettivo importo, a nulla rilevando che il datore non abbia operato le ritenute previdenziali e fiscali prescritte"
[9] Nota Inl n. 1959 del 30 settembre 2022
[10] La Cassazione, con sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022, è intervenuta per dirimere il contrasto giurisprudenziale concernente la prescrizione dei crediti maturati dai lavoratori nel corso del rapporto di lavoro.
[11] Nota Inl 595/2020: l'Ispettorato richiama l'applicazione del disposto dell'art. 2948 c.c., ai sensi del quale le somme corrisposte dal datore di lavoro al prestatore con periodicità annuale o infrannuale (art. 2948, n. 4 c.c.) e le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro (art. 2948, n. 5, c.c.) si prescrivono nel termine quinquennale, mentre la prescrizione ordinaria decennale, di cui all'art. 2946 c.c., assume nella materia lavoristica un rilievo soltanto residuale, nelle ipotesi di erogazioni non aventi carattere periodico (ad esempio le somme attribuite con transazione novativa) e in materia di risarcimento dei danni per omesso versamento dei contributi previdenziali.
[12] Fanno eccezione i crediti da lavoro maturati nell'ambito di rapporti di pubblico impiego, per i quali i cinque anni iniziano a decorrere in costanza di rapporto, dal momento in cui il diritto stesso può esser fatto valere, attesa la diversa disciplina normativa che ne assicura la stabilità e la garanzia di rimedi giurisdizionali avverso la loro – eventuale ed illegittima – risoluzione, in modo da escludere che il "timore" del licenziamento possa indurre il lavoratore a rinunciare ai propri diritti. Tuttavia, per i crediti di lavoro vantati dai lavoratori nei confronti della Pubblica Amministrazione si tenga conto delle indicazioni contenute nella nota Inl 62/2021.
[13] La nota Inl 326/2021 ha chiarito che gli importi da indicare nel provvedimento di diffida accertativa sono da quantificarsi sulla base del CCNL del datore di lavoro effettivo non essendoci una diversa ricostruzione del rapporto di lavoro già in sede ispettiva.
[14] circolare Inl 10/2018
[15] circolare Inl 3/2019
[16] circolare Inl 6/2020
[17] cfr. nota Inl 326/2021
[18] cfr. nota Inl 811/2020