Il tetto dei 36 mesi nel contratto di somministrazione
Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, all’articolo 5, dispone che - fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le OO.SS. comparativamente più rappresentative - qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto si considera a tempo indeterminato; e aggiunge che ai fini del suddetto computo del periodo massimo di durata del contratto a termine, pari a 36 mesi, si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi a oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi dell'articolo 20 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. Le Agenzie per il lavoro, alle quali spetta l’assunzione a tempo indeterminato nel caso di superamento del limite temporale massimo di invio in missione del medesimo lavoratore presso la medesima azienda, sono molto attente a far sì che ciò non accada. In ogni caso, l’obbligo di assunzione ricade sull’Agenzia e non sull’utilizzatore, anche se non deve essere esclusa un’eventuale impugnazione del lavoratore somministrato rivolta anche nei confronti dell’utilizzatore, lamentando nei riguardi di quest’ultimo un negozio in frode alla legge ovvero simulato, come una fittizia interposizione di manodopera.