Contrattazione

L’agricoltura dice addio ai voucher: debutta il contratto di 45 giorni

Utilizzabile nel 2023-24 ma riservato a specifiche categorie come disoccupati e under 25. Per le violazioni multe fino a 2.500 euro al giorno

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di Giorgio dell’Orefice e Claudio Tucci

Per garantire la continuità produttiva delle imprese agricole e facilitare il reperimento di manodopera per le attività stagionali arriva il nuovo contratto di lavoro occasionale a tempo determinato, che nei fatti manda in soffitta, per il settore agricoltura, i tanto contestati (da parte dei sindacati) “voucher”. Introdotti da Cesare Damiano nel 2007 in fase sperimentale per la vendemmia e molto circoscritti a precise categorie, furono poi a partire dal 2009 liberalizzati. Con l’estensione ad altri settori il loro utilizzo aumentò di molto, si arrivò alla loro cancellazione col governo Gentiloni, dopo aver subito vari “maquillage” normativi.

La storia del voucher “agricolo”

Di fatto a restare “orfana” di uno strumento per il lavoro flessibile è stata l’agricoltura che aveva fatto da apripista e che poi se ne vide privata a causa degli abusi registrati altrove. Come d’altro canto dimostrato dai numeri. In agricoltura i voucher furono introdotti come integrazione al reddito di specifiche categorie. Interpretazione che veniva garantita da vincoli stringenti, che invece non furono mantenuti con l’estensione ad altri comparti. Di fatto i voucher in vendemmia (del valore unitario di 10 euro comprensivi di salario e di contributi previdenziali) dai 535mila del 2008 passarono a 1,1 milioni nel 2011 per stabilizzarsi attorno a quota 1,3 milioni fino al 2016. In tutta l’agricoltura hanno raggiunto la quota di 2 milioni e sono rimasti su quella cifra fino alla loro cancellazione. Quando lo strumento dei ticket lavoro fu esteso ad altri comparti dell’economia dai 2 milioni di tagliandi del 2009 si passò rapidamente ai 15 milioni del 2011 e poi in una inarrestabile escalation ai 69 milioni del 2014 fino ai 134 milioni del 2015. Da lì le contestazioni sindacali che portarono poi alla cancellazione dei voucher.

Il nuovo strumento (a tempo)

Adesso si tenta con un nuovo strumento. La misura è sperimentale, vale cioè per il biennio 2023 e 2024, e consente di ricorrere a prestazioni occasionali da parte delle imprese agricole per un massimo di 45 giornate lavorative per ciascun lavoratore, rese da soggetti che, a eccezione dei pensionati, non devono aver avuto un ordinario rapporto di lavoro subordinato in agricoltura nei tre anni precedenti. Anche il requisito dei 45 giorni non è casuale in agricoltura. Perché nel settore agricolo con 51 giornate lavorative si matura il diritto alla disoccupazione e agli assegni familiari.

Possono essere assunti con questa nuova tipologia contrattuale solo determinate categorie di persone: oltre ai pensionati già citati, i disoccupati, i percettori di ammortizzatori sociali o del Reddito di cittadinanza, gli studenti con meno di 25 anni, i detenuti o gli internati ammessi al lavoro all’esterno. Il contratto può avere una durata massima di 12 mesi, mentre il limite di 45 giorni si applica al numero massimo delle presunte giornate di effettivo lavoro.

Poiché in agricoltura lo strumento sarà utilizzato soprattutto per le operazioni di raccolta a cominciare dalla vendemmia, e quindi per specifici periodi dell’anno, nell’ottica di aumentare il tasso di semplificazione dello strumento si sta studiando l’ipotesi di predisporre un’unica busta paga per la prestazione lavorativa di 45 giorni. Prima dell’inizio del rapporto di lavoro, il datore è tenuto ad acquisire un’autocertificazione resa dal lavoratore in ordine alla propria condizione soggettiva. Le imprese agricole che ricorrono al nuovo contratto di lavoro occasionale a tempo determinato sono obbligate a darne previa comunicazione al competente centro per l’impiego. Non possono utilizzare questo nuovo contratto i datori di lavoro che non rispettano i contratti collettivi. Se si supera il limite di durata di 45 giorni scatta la trasformazione del rapporto di lavoro occasionale in contratto a tempo indeterminato. Si applicano poi “multe” da 500 a 2.500 euro per ogni giornata in cui risulta accertata la violazione in caso di utilizzo di soggetti diversi da quelli che possono erogare le prestazioni occasionali o di violazione dell’obbligo di comunicazione relativa all’instaurazione del rapporto di lavoro al centro per l’impiego (a meno che non siano conseguenza di informazioni incomplete o non veritiere contenute nell’autocertificazione resa dal lavoratore).

Parti sociali tiepide

La prima reazione delle parti sociali è tiepida. Dai sindacati non si è alzato subito un muro. «Non c’è nessuna liberalizzazione generalizzata - ha detto Onofrio Rota, segretario generale dalla Fai Cisl - e i diritti dei lavoratori sono garantiti. Certo rimangono perplessità sulle modalità operative di funzionamento dello strumento rispetto al quale attendiamo chiarimenti».

Dal fronte datoriale, «Confagricoltura - ha spiegato il vicepresidente con delega al lavoro, Sandro Gambuzza - ha sempre tenuto una posizione responsabile rispetto al lavoro occasionale (voucher), ritenendolo un strumento utile, ma non risolutivo dei problemi del mercato del lavoro agricolo. Abbiamo infatti sempre richiesto riduzioni del cuneo fiscale (anche per le imprese) e semplificazioni amministrative per il lavoro dipendente, piuttosto che un allargamento dei voucher. Rispetto alla nuova norma sul lavoro occasionale in agricoltura contenuta in manovra, al di là di alcune perplessità di ordine sistematico (l’occasionalità sembra in contraddizione con il lavoro subordinato), il nuovo istituto appare una forma ibrida tra lavoro dipendente e occasionale. Inoltre resta il dubbio circa l’effettiva semplificazione amministrativa dello strumento, in quanto gli adempimenti a carico dell’impresa sono gli stessi del lavoro dipendente, sia pure con cadenze più rarefatte (cioè alla fine del rapporto)».

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