Rapporti di lavoro

L’assenza strategica dell’addetto non obbliga il datore a licenziarlo

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di Daniele Colombo

Che cosa succede se il lavoratore abbandona il posto di lavoro senza osservare la procedura telematica prevista per dimettersi? Può essere questo un comportamento concludente di recesso volontario dal rapporto di lavoro? Non è infrequente che il dipendente, per vari motivi, decida di non presentarsi più in azienda senza recedere, tuttavia, presentando le dimissioni online.

La questione avrebbe dovuto trovare una disciplina nella normativa di legge alla luce della legge delega 183/2014, che già aveva previsto la necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore. La mancata attuazione della delega su questo punto obbliga l’interprete a non considerare cessato il rapporto di lavoro allorché il lavoratore non abbia seguito la procedura telematica. La mancata presentazione del lavoratore in azienda dovrà essere gestita come un’assenza ingiustificata che, previa contestazione in base all’articolo 7 della legge 300/1970 e decorso il periodo generalmente previsto dalla contrattazione collettiva, comporterà l’irrogazione del licenziamento per giusta causa. Se, da una parte, il recesso datoriale assicurerà certezza alla cessazione del rapporto di lavoro, dall'altra, il licenziamento avrà un costo per il datore, che dovrà versare il cosiddetto ticket di licenziamento. Diversamente, il rapporto rischia di non essere mai cessato, con la conseguenza che il lavoratore possa rivendicare il pagamento delle retribuzioni arretrate.

Non la pensa così il Tribunale di Udine (sentenza depositata il 27 maggio 2022, si veda Il Sole 24 Ore dell’8 giugno) che si è pronunciato sul caso di una lavoratrice che non aveva risposto né alle contestazioni disciplinari per assenza ingiustificata dal lavoro, né alla comunicazione con la quale la società datrice di lavoro la invitava a dimettersi. La lavoratrice non aveva rassegnato le dimissioni con le modalità stabilite dalla legge, attendendo che fosse il datore di lavoro a licenziarla per giusta causa, per assenza ingiustificata (con il licenziamento, al lavoratore spetta la Naspi, il trattamento economico previsto in caso di disoccupazione) .

Per il giudice, giungere in questo caso alla cessazione del rapporto solo tramite l’adozione di un licenziamento per giusta causa, significherebbe adottare una interpretazione di dubbia legittimità costituzionale, per contrasto, in particolare, con gli 38 e 41 della Costituzione. Il datore ha dunque agito correttamente comunicando al centro per l’impiego le dimissioni della dipendente.

La pronuncia del Tribunale di Udine, seppure importante, non è risolutiva dei problemi aperti. La soluzione non può che arrivare dal legislatore, anche alla luce della legge 183/2014.

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