Previdenza

L’esonero contributivo taglia la pensione quota 103

Chi sceglierà di lavorare senza versare i contributi avrà un assegno più basso. Domanda da presentare all’Inps

di Fabio Venanzi

Chi, dopo aver maturato i requisiti per quota 103, continuerà a lavorare e sceglierà di non versare i contributi a suo carico, avrà una pensione più bassa rispetto a quella che maturerebbe continuando a versare la contribuzione piena. La conferma arriva dal decreto interministeriale Lavoro-Economia (bollinato ma non ancora pubblicato) contenente le disposizioni attuative dell’esonero previsto dall’articolo 1, comma 286, della legge 197/2022.

La legge di Bilancio 2023 ha introdotto la pensione anticipata flessibile (detta anche “quota 103”) che si consegue con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi. La norma prevede un tetto lordo mensile massimo pari a 5 volte il trattamento minimo (2.818,70 euro), che sarà applicato fino al raggiungimento dell’età prevista tempo per tempo per la pensione di vecchiaia (67 anni fino al 31 dicembre 2024), qualora l’importo della pensione calcolata dovesse risultare superiore. Per i lavoratori del settore privato, la prima finestra utile si aprirà il prossimo 1° aprile mentre per i pubblici dipendenti il 1° agosto 2023.

La legge, inoltre, dà la possibilità, a chi matura i requisiti ma sceglie di continuare a lavorare, di non versare più la contribuzione a proprio carico, dalla data di maturazione dei requisiti stessi.

Il decreto interministeriale precisa che il lavoratore che intende avvalersi di tale facoltà deve presentare un’istanza all’Inps, il quale valuterà il perfezionamento dei requisiti per accedere a pensione anticipata flessibile, dandone comunicazione al datore di lavoro. Acquisita la documentazione, il datore di lavoro procederà a riconoscere all’interessato il beneficio.

Qualora il lavoratore si avvalga della facoltà di non versare la quota di contributi a suo carico, l’obbligo contributivo verrà meno dal 1° giorno del mese successivo. Tali somme saranno imponibili ai fini fiscali, ma non ai fini contributivi. In pratica, la pensione aumenterà in misura inferiore rispetto all’ipotesi in cui il lavoratore non si fosse avvalso di tale facoltà, perché alla stessa contribuirà solo la quota di contributi che il datore di lavoro continuerà a versare.

Il bonus verrà meno nel caso di conseguimento di una pensione diretta, fatta eccezione per l’assegno ordinario di invalidità, oppure al conseguimento dell’età anagrafica prevista per l’accesso alla pensione di vecchiaia. La rinuncia al versamento dei contributi può essere esercitata una sola volta e ha effetto nei confronti di tutti i rapporti di lavoro, in essere o successivi. La facoltà di rinuncia al versamento della quota dei contributi è revocabile. In tal caso, gli effetti decorreranno dal primo mese di paga successivo al momento di esercizio della revoca.

La quota di contributi riconosciuta al lavoratore riguarda esclusivamente i contributi pensionistici, rimanendo escluse altre eventuali contribuzioni versate mensilmente (come, ad esempio, il contributo Tfs dei pubblici dipendenti e il contributo al fondo di integrazione salariale per taluni dipendenti del settore privato).

Il decreto ministeriale precisa che, in presenza di esoneri contributivi, come quello previsto dall’articolo 1, comma 281, della legge 197/2022, pari al 3% per imponibili mensili fino 1.923 euro e al 2% per imponibili superiori e fino a 2.692 euro, l’incentivo riconosciuto al dipendente sarà al netto di detto esonero. Tuttavia, lo sgravio del 2-3% continuerà a essere utile ai fini della misura della pensione, poiché la relativa norma ne fa salvi gli effetti ai fini dell’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Ipotizziamo che un lavoratore, a fronte della retribuzione mensile, sia tenuto a versare circa 175 euro di contributi a suo carico. Lo stesso, però, beneficia dell’esonero contributivo del 2% e quindi non versa circa 40 euro.

Se, dopo aver raggiunto i requisiti di quota 103, sceglierà di non versare i contributi a suo carico, in busta paga riceverà 135 euro (175-40 euro) e i 40 euro contribuiranno all’incremento del suo montante contributivo e quindi alla futura pensione.

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