La pensione non si può considerare aliunde perceptum
Non è detraibile come aliunde perceptum il trattamento pensionistico: si può considerare compensativo del danno arrecato dal licenziamento solo il reddito conseguito con l’impiego della stessa capacità lavorativa
In caso di licenziamento illegittimo, il risarcimento del danno spettante al lavoratore non può essere decurtato dell'importo dallo stesso eventualmente percepito dopo il recesso a titolo di pensione.
La Corte di cassazione (sezione lavoro, numero 32130 del 31 ottobre 2022) non ha infatti dubbi nell'affermare che il trattamento pensionistico non può essere ricondotto all'aliunde perceptum, in quanto in tale voce rientrano esclusivamente i redditi che possono essere considerati effettivamente compensativi del danno derivante dal licenziamento e, quindi, solo quelli che conseguono dall'impiego della medesima capacità lavorativa da parte del dipendente licenziato.
A tale proposito va del resto considerato che il diritto alla pensione deriva dal verificarsi di requisiti di età e contribuzione legislativamente previsti, non ha nulla a che vedere con la disponibilità di energie lavorative e, di norma e salvo eccezioni, non può essere di per sé considerato causa di risoluzione del rapporto lavorativo.
Di conseguenza, non è possibile ricondurre alla regola della compensatio lucri cum damno la percezione di un trattamento pensionistico da parte del lavoratore che abbia subito un illegittimo licenziamento. La predetta regola, infatti, è traducibile con l'espressione "compensazione del guadagno con il danno" e si applica nel caso in cui da un fatto illecito derivino anche conseguenze vantaggiose. Se non vi è dubbio che rientri nella sua sfera di operatività l'ipotesi in cui il lavoratore licenziato illegittimamente abbia trovato una nuova occupazione presso un diverso datore di lavoro, percependo la conseguente retribuzione, lo stesso non può dirsi nel caso in cui il patrimonio del lavoratore medesimo sia incrementato per effetto della percezione di un trattamento pensionistico. Quest'ultimo, infatti, trova fondamento in un fatto giuridico che non è in alcun modo riconducibile al licenziamento illegittimamente subito ed è completamente estraneo al potere di recesso datoriale.
I giudici, nell'affermare siffatto principio, hanno esaminato anche l'ipotesi, che si verifica al ricorrere di determinati presupposti, in cui l'ammissione al trattamento pensionistico è anticipata dalla legge in ragione della perdita del posto di lavoro. In tali casi, in effetti, la pensione e la retribuzione si pongono in termini di alternatività. Tuttavia, come fa rilevare la Corte di cassazione, nel caso in cui il licenziamento venga dichiarato illegittimo, il diritto al trattamento pensionistico eventualmente connesso al recesso viene meno dall'origine e il lavoratore che ne abbia beneficiato è tenuto a ripetere l'indebito.
Di conseguenza, anche in tali casi le somme percepite a titolo di pensione non rientrano nell'aliunde perceptum, non potendo essere considerate come un incremento effettivo del patrimonio del lavoratore (che deve restituirle) e, quindi, come un lucro compensabile con il danno.