Rapporti di lavoro

Le rinunce dei lavoratori sportivi e il «caso Juventus»

Accordi modificativi sugli emolumenti sono possibili, ma assoggettati a condizioni stringenti, che, se non rispettate, espongono le parti a conseguenze e sanzioni

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di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

Recentemente la stampa ha dato ampio spazio all'argomento delle rinunce e transazioni che coinvolgono i lavoratori del settore sportivo professionistico, oltre che ai provvedimenti emessi in tale ambito.

A tale riguardo, si ricorda che i contratti di lavoro in essere tra sportivi professionisti e società sportive (articolo 4, legge 91/1981), comprese le società calcistiche di Serie A (articolo 93 delle Noif - Norme Organizzative Interne della Figc), devono essere conclusi per iscritto, secondo modelli predisposti dalle Federazioni e dai rappresentanti di categoria (articolo 2.1 dell'accordo Figc, Lega Serie A e Aic), e devono essere depositati presso la Federazione per l'approvazione entro i termini di legge.

In particolare, anche le società sportive di Serie A devono effettuare il deposito dei suddetti contratti, a pena di nullità, entro 10 giorni dalla loro sottoscrizione, affinché siano effettuate le necessarie verifiche e ne sia trasmessa copia alla Figc.

Non sfuggono alle suddette regole neanche le possibili intese concluse tra calciatori di Serie A e società professionistiche (ai sensi dell'articolo 3.5 del suddetto accordo Figc, Lega e Aic) per modificare i trattamenti economici precedentemente pattuiti, specie allorché prospettano rinunce a stipendi da parte dei calciatori in presenza di determinate circostanze.Tali argomenti sono recentemente balzati agli onori delle cronache di alcune società sportive di Serie A, le quali hanno ottenuto rinunce a compensi da parte di alcuni calciatori a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia, che non ha consentito di giocare gare sportive negli anni 2020 e 2021, riducendo gli introiti delle società.

Secondo le cronache, in un recente caso una notissima società sportiva di serie A parrebbe aver dapprima concluso accordi con i giocatori per ottenere la rinuncia ad alcune mensilità di stipendi, e in seguito aver concluso altri accordi, modificativi delle precedenti intese, che hanno previsto il pagamento degli emolumenti precedentemente rinunciati, senza tuttavia aver depositato tali ultimi accordi presso la Federazione.

Se fosse confermata tale ultima circostanza, e se gli accordi originari depositati non avessero previsto la possibilità di erogare in seguito i suddetti emolumenti in presenza di fatti sopravvenuti, si ritiene che già solo il mancato deposito degli accordi modificativi delle intese originarie renda invalidi tali accordi (ex articolo 94 delle norme Noif), ed esponga sia la società sportiva datrice di lavoro, sia i lavoratori sportivi, al rischio di possibili sanzioni previste dal Codice di giustizia sportiva.

Ove poi risultasse anche che gli accordi modificativi delle precedenti intese non sono stati depositati per finalità elusive e non conformi alle norme, ne potrebbero conseguire diversi effetti: l'avvio di indagini da parte delle autorità, con irrogazione di possibili sanzioni commisurate alla natura e gravità dei fatti commessi, sia a carico della società sportiva, sia dei lavoratori sportivi responsabili. Nei casi più gravi, si va dall'esclusione dal campionato o da qualsiasi altra competizione agonistica con possibile retrocessione alla non assegnazione o revoca di titoli sportivi, sino alla non ammissione o all'esclusione da manifestazioni sportive e al divieto di tesseramento di lavoratori calciatori professionisti fino a un anno.

Sotto altro profilo, e senza volersi addentrare su ulteriori profili contabili o extra civilistici che esulano dal presente contributo, ne potrebbero derivare anche azioni da parte delle autorità fiscali e previdenziali qualora non fossero state trattenute o versate le imposte e i contributi dovuti sugli emolumenti.

Peraltro, nel suddetto caso le rinunce agli emolumenti (anche ove fossero regolari) non produrrebbero effetti nemmeno nei confronti dell'ente previdenziale dei lavoratori professionisti, come ricordato anche dalla prassi (risposta a interpello 26/2015 del ministero del Lavoro) e dalla giurisprudenza ormai consolidatasi in materia (ex multis, Cassazione 9180/2014); pertanto, la contribuzione risulterebbe dovuta ed esigibile, sia dall'ente che dal lavoratore.

Dunque, nei rapporti di lavoro privato e in quelli di lavoro sportivo professionistico vigono regole del tutto analoghe, pur nell'eterogeneità delle fonti che li disciplinano, norme che se da un lato permettono rinunce a emolumenti, dall'altro le assoggettano a condizioni stringenti, che, se non rispettate, espongono le parti a conseguenze e sanzioni, anche molto rilevanti.

Gli sviluppi giudiziari dei casi di cronaca sportiva contribuiranno a fornire ulteriori spunti normativi e giurisprudenziali sulla materia del diritto del lavoro sportivo, mai così in continua evoluzione come negli ultimi anni.

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