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Le somme erogate alle lavoratrici madri non rientrano nel welfare aziendale

di Alice Chinnici

N. 11

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L’Agenzia delle Entrate, nel fornire chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle somme erogate alle lavoratrici madri al termine del congedo di maternità sotto forma di welfare aziendale, ritiene che non sia possibile individuare una ’’categoria di dipendenti’’ sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa, ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente.

L’Agenzia delle Entrate, con risposta a interpello 1° marzo 2024, n. 57, ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle somme erogate alle lavoratrici madri al termine del congedo di maternità sotto forma di welfare aziendale.

Nello specifico, l’istante, in qualità di sostituto di imposta, voleva riconoscere a tutte le lavoratrici madri, al termine del periodo di astensione obbligatoria per maternità, una somma equivalente alla differenza fra l’indennità di congedo di maternità facoltativa...

  • [1] Sul punto si segnala anche la risoluzione n. 55 /e in cui l’Agenzia afferma che “qualora tali benefit rispondano a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di ben individuati gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione”.

  • [2] Ministero delle Finanze, circolari del 23 dicembre 1997, n. 326 e 16 luglio 1998, n. 188; nonché circolari Agenzia delle Entrate 16 giugno 2016, n. 28/E e 29 marzo 2028 n. 5/E.

  • [3] Il comma 16 della legge n. 213/2023 dispone che “Limitatamente al periodo d’imposta 2024, in deroga a quanto previsto dall’articolo 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del TUIR, non concorrono a formare il reddito, entro il limite complessivo di 1.000 euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. Il limite di cui al primo periodo è elevato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi o affidati, che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 12, c. 2, del citato testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986”.

  • [4] Sul punto si vedano anche gli indicatori (c.d. KPI-Key Performance Indicators) posti alla base della certificazione di genere e previsti all’interno delle prassi di riferimento Uni/pdr 125:2022, in particolare il punto 6.3.2.4.