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Licenziamento per certificato medico falso e mancata ammissione della prova testimoniale

di Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

N. 2

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La corte di merito accertava la legittimità del licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore, che era rimasto assente ingiustificato dal posto di lavoro per tre giornate lavorative consecutive; aveva abbandonato ingiustificatamente il posto di lavoro; aveva chiesto al medico di fornirgli un certificato falso; aveva offeso un collega di lavoro profferendo una serie di epiteti e di insulti

Massima

  • Prova testimoniale – mancata ammissione – denuncia per Cassazione – omessa motivazione su un punto decisivo della controversia - necessità

    La mancata ammissione della prova testimoniale (così come di altra prova), è suscettibile di denuncia per Cassazione solo nel caso in cui essa sia idonea a determinare l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, così invalidando con giudizio di certezza, e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che avevano determinato il convincimento del giudice di merito, privando così di fondamento la ratio decidendi posta a base della pronuncia.

Riepilogo dei fatti di causa e della vicenda di merito

La Corte di Appello di Venezia, in riforma della pronuncia del giudice di prime cure, accertava la legittimità del licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore, che, in rapida successione, era rimasto assente ingiustificato dal posto di lavoro per tre giornate lavorative consecutive; pochi giorni dopo aveva abbandonato ingiustificatamente il posto di lavoro; successivamente, aveva chiesto (e ottenuto) telefonicamente al medico di fornirgli un certificato falso finalizzato a giustificare retroattivamente...

  • [1] Sul punto, si veda la copiosa giurisprudenza richiamata nell'ordinanza, tra cui: Cass. n. 11457/2007; Cass. n. 4369/2009, n. 5377/2011; n. 16214/2019; e, da ultimo, Cass. n. 18072 e 27610 del 2024

  • [2] Cfr. Cass. n. 8053 e 8054/2014

  • [3] Cfr. Cass. SS. UU. n. 8077/2012, che ha affermato: "La decisione (sull'acquisizione di una prova, ndr) si riferisce, certo, ad un'attività processuale, ma è intrinsecamente ed inscindibilmente intrecciata con una valutazione complessiva dei dati già acquisiti in causa e, in definitiva, della sostanza stessa della lite. Il che spiega perché siffatte scelte siano riservate in via esclusiva al giudice di merito e perché quindi, pur traducendosi anch'esse in un'attività processuale, esse siano suscettibili di essere portate dall'attenzione della Corte di Cassazione solo per eventuali vizi della motivazione che le ha giustificate, senza che sia consentito sostituirsi al giudice di merito nel compierle".