ApprofondimentoContenzioso

Licenziamento e mancanza di illiceità disciplinare del fatto

di Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

N. 6

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La Cassazione, in tema di licenziamento disciplinare e inadempimento non qualificabile come illecito, si pronuncia sulla tutela applicabile in ipotesi di licenziamento

Massima

  • Licenziamento – tutela ex art. 18, comma 4, statuto lavoratori – mancanza di illiceità disciplinare del fatto – rilevanza – sussiste Cass., sez. lav., ord. 16 gennaio 2024, n. 1604

    In materia di licenziamento, ai fini della tutela prevista dall’art. 18, 4 comma della L. n. 300 del 1970, novellato dalla L. n. 92 del 2012, rileva anche la mancanza di illiceità disciplinare del fatto. Tale tutela va, quindi, accordata anche nell’ipotesi in cui non sussista alcuna responsabilità personale rispetto ad un fattispecie di inadempimento considerata nella sua materialità.

In riforma del giudizio di primo grado, la Corte d’Appello di Roma, territorialmente competente, accoglieva il reclamo di una lavoratrice in relazione alla illegittimità del licenziamento disciplinare irrogatole da una società operante nel campo delle telecomunicazioni, conseguentemente condannando la medesima alla reintegrazione e al risarcimento del danno.

Il licenziamento, risalente all’anno 2017, trovava fondamento nell’intento, attribuito alla lavoratrice dalla società e formalmente contestato...

  • [1] Viene richiamata sul punto la sentenza Cass. n. 8053/2014, secondo cui «L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie».,Con riferimento alla sentenza Cass. n. 21603/2013, «la scelta dei mezzi istruttori utilizzabili per il doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione è rimessa all’apprezzamento discrezionale, ancorché motivato, del giudice di merito, ed è censurabile, quindi, in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione e non della violazione di legge»,Sulla questione del libero convincimento, viene citata la sentenza Cass. n. 23940/2017, che esprime la seguente massima di diritto: «In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012».

  • [2] Con riferimento alla sentenza Cass. n. 21603/2013, «la scelta dei mezzi istruttori utilizzabili per il doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione è rimessa all’apprezzamento discrezionale, ancorché motivato, del giudice di merito, ed è censurabile, quindi, in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione e non della violazione di legge».

  • [3] Sulla questione del libero convincimento, viene citata la sentenza Cass. n. 23940/2017, che esprime la seguente massima di diritto: «In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012».