ApprofondimentoContenzioso

Violazione dell'art. 2087 c.c. e ambiente di lavoro stressogeno

di Pasquale Dui e Luigi Antonio Beccaria

N. 18

guida-al-lavoro

Una lavoratrice, immessa suo malgrado in un ambiente di lavoro stressogeno, è tutelata dalla norma di cui all'art. 2087 c.c., indipendentemente dalla reale configurabilità di una attività persecutoria assimilabile alla fattispecie del mobbing

Massima

  • Danni alla salute – condotta di mobbing – non configurabilità – violazione art. 2087 c.c. – ambiente stressogeno – sussiste – induzione di disagio e stress – responsabilità del datore di lavoro - sussiste

    In tema di responsabilità del datore di lavoro per danni alla salute del dipendente, anche ove non sia configurabile una condotta di "mobbing", per l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare la pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli, è ravvisabile la violazione dell'art. 2087 c.c. nel caso in cui il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé non illegittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress, che si manifestino isolatamente o invece si connettano ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprirne gli effetti e la gravità del pregiudizio per la personalità e la salute latamente intesi

I fatti di causa: la fase di merito

Con sentenza conforme a quella resa nel primo grado di giudizio dal Tribunale di Ancona, la Corte Territoriale sita nella medesima città, in sede di appello, rigettava la domanda di una lavoratrice nei confronti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Direzione Territoriale del Lavoro di Ancona; la controversia includeva altresì, come legislativamente previsto, l'intervento ad adiuvandum della Consigliera di Parità effettiva della Provincia di Ancona.

La vexata quaestio ineriva ...

  • [1] Cfr., da ultimo, Cass. n. 2692/2023

  • [2] Sul punto è richiamata la pronuncia Cass. n. 5061/2024, ove si argomenta in tal senso: "L'accertata insussistenza degli estremi del mobbing in ambito lavorativo non esime il giudice di merito dal verificare se, sulla base dei medesimi fatti allegati a sostegno della domanda, si configuri comunque un'ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non avere adottato tutte le misure possibili e necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, fermo restando che grava su quest'ultimo l'onere della prova della sussistenza del danno e del nesso causale tra l'ambiente di lavoro e il danno, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenirlo."