Niente Cig per gli intermittenti in attesa di chiamata
I lavoratori a chiamata sono tra i soggetti più duramente colpiti dall'emergenza Covid-19. Per questo motivo, da più parti, si avanza la richiesta di predisporre un aiuto per questi lavoratori e, in particolare, per coloro che si trovano in posizione di stand by nel momento in cui l'azienda, con cui hanno sottoscritto il contratto, ricorre alla cassa integrazione. In pratica, si prova a ottenere la possibilità di ammetterli alla Cig nel momento in cui sono inattivi.
Va osservato che, per effetto di quanto disposto dalla norma che regolamenta questa speciale forma di rapporto di lavoro, gli intermittenti, in attesa della chiamata, possono beneficiare, o meno, dell'indennità di disponibilità. Sulla stessa, il datore di lavoro e il lavoratore versano tutti i contributi obbligatori; unica particolarità è data dalla possibilità di non applicare il minimale contributivo.
Se il lavoratore è chiamato a svolgere la sua prestazione, trova applicazione il principio della non discriminazione, vale a dire che il dipendente deve ricevere un trattamento economico e normativo complessivamente non meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
I lavoratori con contratto intermittente, a prescindere dalla percezione dell'indennità di disponibilità, sono ammessi ai trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto solamente nelle ipotesi in cui abbiano risposto alla chiamata prima del verificarsi della riduzione/sospensione dell'attività lavorativa. Di contro, non è possibile ammetterli a queste misure se, al momento della sospensione/riduzione, non sono occupati e, quindi, non retribuiti (sul punto si veda la circolare Inps 41/2006).
In questa direzione va, peraltro, la previsione contenuta nell'articolo 13, comma 4, del Dlgs 81/2015, secondo cui nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo - ove spettante - l'indennità di disponibilità.
Fatte queste premesse, resta da capire se e come possa ritenersi ammissibile la cassa per il lavoratore intermittente che, nel periodo di stand by, percepisce l'indennità di disponibilità. Si potrebbe sostenere, a supporto della tesi, la sussistenza di alcuni elementi quali la subordinazione e l'obbligo del versamento della relativa contribuzione. Tuttavia, vi è un altro aspetto ancor più rimarchevole che, di fatto, sembra annullare tutti gli altri. Si tratta di una sostanziale dicotomica posizione dello status del lavoratore intermittente con la ratio di base della Cig. Quest'ultima, infatti, ha come scopo quello di integrare il reddito al verificarsi di specifiche circostanze che determinano una sospensione (più o meno temporanea) del rapporto di lavoro, che tuttavia rimane ancora “in essere”.
Alla luce dell'attuale cornice normativa non appare, dunque, possibile corrispondere la cassa durante i periodi in cui il lavoratore intermittente rimane in attesa della chiamata e percepisce l'indennità di disponibilità che, peraltro, non assume valenza di retribuzione in quanto non postula svolgimento di alcuna attività lavorativa. In tale ottica, non è possibile rinvenire alcuna perdita retributiva da integrare e si può considerare irrilevante il fatto che sull'indennità di disponibilità sono dovuti dall'azienda i contributi ordinari (compresa la Cig, ove prevista in base all'inquadramento aziendale).
Al di là delle considerazioni svolte, resta, comunque, la situazione di difficoltà che i lavoratori intermittenti stanno vivendo in questo momento in cui la loro chiamata al lavoro, già incerta di suo, appare incompatibile con il contesto attuale. Vista la non utilizzabilità della cassa integrazione, a parere di chi scrive, occorrerà pensare a un supporto economico di tipo diverso.