Rapporti di lavoro

Smart working, normativa fiscale vecchia e inadeguata, ecco tutti i nodi

Le criticità dal rimborso dell’indennità chilometrica ai ticket restaurant

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di Michela Magnani

Fisco e smart working, un binomio potremmo dire ancora incompiuto. Se infatti dal punto di vista contrattuale e giuslavoristico le organizzazioni aziendali stanno trovando, seppur lentamente, un loro equilibrio, più complicata sembra invece essere la gestione fiscale del lavoro agile che si scontra oggi con una normativa fiscale vecchia di più di venti anni, che si fonda ancora, anche dal punto di vista interpretativo, su principi, ormai in parte superati, che prevedono:

1. la non tassazione dei rimborsi spese di viaggio e trasporto, ovvero di vitto e alloggio solo se relativi a trasferte fuori dal Comune, sede di lavoro, previsto contrattualmente;

2. la non tassazione dei rimborsi ai dipendenti solo delle spese che gli stessi hanno sostenuto direttamente e che riguardano oneri di competenza del datore di lavoro ovvero di spese effettuate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.

I nodi

A questo proposito bisogna ricorda che il dipendente in smart working presta la propria prestazione lavorativa, di regola, presso la propria abitazione (che potrebbe essere in un Comune diverso da quello in cui è localizzata la sede di lavoro prevista contrattualmente e che, differentemente dal telelavoro, non è sede di lavoro); che i rimborsi e le indennità chilometriche riconosciuti in occasione alle trasferte non sono tassati, in base all’articolo 51, comma 5 del Tuir, se riguardano allontanamenti dalla sede di lavoro.

L’intervento normativo

Sarebbe quindi necessario un intervento normativo o interpretativo che, analogamente a quanto previsto per il regime fiscale del ticket restaurant (risposta 123 del 22 febbraio 2021), nelle giornate di smart working contrattualizzate tra le parti, riconoscesse, in esenzione di imposte e contributi, il rimborso della indennità chilometrica o, più in generale, delle spese di trasporto, considerando come luogo di partenza e di ritorno quello comunicato nell’accordo di smart working.

Nell’attesa dell’evoluzione della normativa o della prassi, si ritengono applicabili i principi contenuti nella risoluzione 92 del 30 ottobre 2015. In tale contesto è stato precisato che, se per accordo aziendale viene rimborsata anche l’indennità chilometrica calcolata sulla base dei chilometri effettivamente percorsi dal domicilio del lavoratore (in quanto luogo di partenza della trasferta), questa indennità non verrà tassata (né assoggettata a contributi) solo se il percorso per raggiungere la località di missione, calcolato a partire dall’abitazione, sia più breve rispetto a quello calcolato partendo dalla sede di lavoro. Diversamente, se i chilometri percorsi per raggiungere la località di missione, calcolati a partire dall’abitazione, sono maggiori rispetto a quelli calcolati partendo dalla sede di lavoro, l’indennità chilometrica, seppur corrisposta in ragione dell’intero percorso, deve essere assoggettata a tassazione, fiscale e previdenziale, per la sola quota riferibile alla maggiore distanza percorsa.

Si ritiene che questi principi debbano essere applicati anche nell’ipotesi in cui vengano assunti dipendenti che non sono residenti nelle vicinanze della sede di lavoro e che accettano o talvolta pretendono, di lavorare per un numero di giorni settimanali concordati, in modalità smart working presso la loro abitazione o presso spazi affittati dall’azienda in locali condivisi (coworking). Per questi dipendenti, di solito, la sede di lavoro prevista contrattualmente rimane, comunque, una delle sedi della società presso la quale il dipendente dovrà recarsi nei giorni stabiliti. Quindi, qualora il dipendente non intenda trasferirsi o comunque non abbia a disposizione un immobile da usare nelle giornate in cui è richiesta la sua presenza in azienda (immobile che, se pagato dal proprio datore di lavoro, sarà tassato come fringe benefit sulla base del valore catastale, in base all’articolo 51, comma 4 lettera c) del Tuir) gli eventuali rimborsi di vitto e alloggio in alberghi situati nel Comune sede di lavoro (o in Comuni limitrofi presso i quali comunque il dipendente non può essere considerato in trasferta) saranno imponibili in base all’articolo 51, comma 5 del Tuir.

I costi

Infine, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro voglia rimborsare, in tutto o in parte, i maggiori costi che i dipendenti sostengono per le utenze domestiche (luce, gas acqua e utenze internet e telefoniche o anche per il materiale di consumo) in quanto, lavorando in smart working, le utenze non sono utilizzate solo per finalità familiari e negli orari ordinari, ma anche per scopi lavorativi e per un tempo ben maggiore, l’agenzia delle Entrate:

1. ha ritenuto tassabili le situazioni in cui il rimborso viene riconosciuto in modo forfettario (risposta 328 dell’11 maggio 2021) e senza che il datore di lavoro intervenga nei contratti relativi alle diverse utenze rimborsando, quindi, l’intero costo sostenuto dal dipendente (risposta 371 del 24 maggio 2021);

2. ha ritenuto esenti da imposta le situazioni in cui, sulla base di un calcolo analitico viene invece rimborsato al dipendente solo la quota di costi risparmiati dalla società (e quindi non il maggior costo sostenuto dal dipendente) in conseguenza del fatto che il dipendente sta lavorando in smart working (risposte 314 del 30 maggio 2021 e 798 del 3 dicembre 2021).

In merito a queste ultime risposte, si rileva che il criterio di rimborso basato sul risparmio di costi aziendali ottenuto sulla base di assunzioni e forfetizzazioni è stato considerato un criterio oggettivo. Diversamente, nella risposta 328 il criterio basato su un coefficiente che rappresenta l’incidenza dell’orario di lavoro sul totale delle ore giornaliere, applicato ai costi effettivamente sostenuti dal dipendente e documentati da fatture nominative è stato ritenuto non rispondente ai criteri di oggettività richiesti dall’Agenzia. Poiché criteri aventi alla base, sostanzialmente, analoghe caratteristiche, interpretativamente, sono considerati in modo differente, si auspica che venga emanata una disposizione che, analogamente a quanto previsto dall'articolo 51 comma 4 del Tuir, relativamente alla quantificazione di alcuni fringe benefit, stabilisca “ex lege” il valore esente di tali rimborsi.

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