Welfare

Reddito e assegno unico, Italia nel mirino della Ue

Procedura di infrazione a causa del requisito di residenza. Per i genitori vedovi il ministro per la famiglia ha annunciato una modifica normativa

di Giorgio Pogliotti e Matteo Prioschi

La Commissione europea ha aperto due procedure di infrazione contro l’Italia, con la messa in mora, sia per il reddito di cittadinanza che per l’assegno unico universale per i figli: le procedure di accesso contrastano con le norme Ue sulla libera circolazione dei lavoratori e sui diritti dei cittadini.

In particolare per il reddito di cittadinanza sono molteplici i nodi critici evidenziati dalla Commissione Ue della misura cavallo di battaglia del M5S - che il governo Meloni vuole eliminare a fine anno -, insiti già nella legge istitutiva del 2019 che ha posto tra le condizioni per accedere al sussidio quello della residenza in Italia per dieci anni, di cui due consecutivi. A questo proposito la commissione Ue richiama il Regolamento 2011/492 e la Direttiva 2004/38/Ce per sostenere che le prestazioni di assistenza sociale come il Rdc dovrebbero essere «pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza».

In particolare secondo la commissione Ue il sussidio dovrebbe essere riconosciuto ai cittadini comunitari che non lavorano, con la sola condizione che risiedano legalmente in Italia da più di tre mesi. Viene poi richiamata dalla Commissione Ue la Direttiva 2003/109/Ce, secondo cui l’accesso a tale beneficio va riconosciuto ai soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell’Ue, dunque il requisito della residenza di 10 anni si qualifica come «discriminazione indiretta» perché è più probabile che i cittadini non italiani non possano soddisfare questo criterio. Bruxelles ravvisa una discriminazione per i beneficiari di protezione internazionale, che non possono accedere a tale beneficio, in violazione della direttiva 2011/95/Ue. Infine, il requisito della residenza potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavoro all’estero, perché al rientro non avrebbero diritto al sostegno.

Il governo ha due mesi per rispondere ai rilievi mossi dalla Ue, in caso contrario la Commissione potrebbe decidere di portare la procedura allo stadio successivo, con un parere motivato. Al ministero del Lavoro si sta valutando il dossier, anche alla luce del fatto che il Rdc è destinato ad essere superato a partire dal 2024 e il nuovo strumento potrebbe sanare il vulnus.

Quanto alla seconda procedura d’infrazione avviata nei confronti dell’Italia, che riguarda l’assegno unico universale per i figli a carico, misura introdotta nel marzo 2022 dal governo Draghi, solo per chi ha almeno due anni di residenza in Italia e per coloro che vivono sotto lo stesso tetto dei figli: secondo la Commissione Ue si tratta di criteri di accesso in contrasto con diverse norme europee, perché non tratta i cittadini della Ue allo stesso modo, il che «si qualifica come discriminazione».

La lettera di costituzione in mora all’Italia cita il mancato rispetto delle norme sul coordinamento della sicurezza sociale (Regolamento 2004/883) che vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari, e sulla libera circolazione dei lavoratori (Trattato di funzionamento Ue e Regolamento 2011/492). Anche in questo caso, il Governo ha due mesi per rispondere, altrimenti si potrebbe passare al parere motivato.

Sempre con riguardo all’assegno unico, ma sul fronte “interno”, in occasione del question time che si è svolto alla Camera il 15 febbraio, il ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, Eugenia Roccella, ha comunicato il suo impegno affinché ai fini dell’importo dell’assegno i genitori vedovi siano equiparati ai nuclei familiari con due genitori lavoratori.

In base all’articolo 4, comma 8, del decreto legislativo 230/2021, scatta una maggiorazione dell’assegno unico e universale, fino a 30 euro mensili, per ciascun figlio minore nel caso in cui entrambi i genitori siano titolari di reddito da lavoro. Un’interrogazione presentata da deputati leghisti, ha evidenziato come i genitori diventati vedovi siano esclusi da questa maggiorazione.

Il ministro ha risposto che la situazione è conosciuta, riguarda circa 25mila genitori, e che a fronte della situazione particolare quest’anno Inps ha erogato comunque l’integrazione e lo farà fino al 28 febbraio. Per il futuro il ministro ha intenzione di lavorare con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, al fine di equiparare il trattamento erogato ai genitori vedovi a quello previsto per due genitori lavoratori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©