Adempimenti

Reverse change su appalti anche con beni concessi in comodato

La procedura non si applica invece se l’appaltatore noleggia i macchinari da soggetti terzi

di Luca Furfaro

Comodato gratuito o locazione non fanno venir meno gli obblighi di reverse change in caso di appalto con utilizzo prevalente di manodopera. L'agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 144/2023 offre chiarimenti in merito a una serie di dubbi sull'applicazione della disciplina contenuta nell'articolo 17-bis del Dlgs 241/1997.

Tale articoloprevede che le imprese appaltatrici e subappaltatrici debbano versare le ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilati per i lavoratori impiegati nell'esecuzione dell'opera o del servizio se:
- caratterizzato da prevalente utilizzo di manodopera;
- prestazione svolta presso le sedi del committente;
- effettuato attraverso utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma;
- con un ammontare complessivo annuo superiore a 200.000 euro.

Tale regime di reverse charge ha come obiettivo il contrasto dell'illecita somministrazione di manodopera e la tutela dei lavoratori dipendenti impiegati in appalto.

Rispetto alla soglia di 200.000 euro annui, l'agenzia delle Entrate precisa che, in presenza di contratti separati, corrispondenti ad attività effettivamente distinte e autonome, ai fini dell'inclusione nell'ambito dell'articolo 17 bis, deve essere seguito un criterio sostanziale e, qualora il committente affidi il compimento di più opere o servizi con diversi contratti, questa soglia deve essere determinata facendo riferimento alla somma dell'importo annuo dei singoli contratti.

La ricomprensione nell'ambito del reverse charge, posto che è sussistente l'utilizzo prevalente di manodopera, presuppone comunque la verifica degli ulteriori requisiti, già richiamati, in relazione ad ogni singolo contratto. Ai fini dell'applicabilità dell'articolo, il prevalente utilizzo della manodopera presuppone anche l'utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma; sul tema, la circolare 1/2022 aveva indicato che dovevano essere indispensabili al ciclo produttivo e tal valutazione deve essere effettuata sulla precisa situazione organizzativa.

Inoltre, sempre in merito all'utilizzo dei beni strumentali, la società istante riteneva non sussistente il requisito previsto dalla norma nel caso di beni concessi in comodato gratuito dal committente, poiché gli stessi uscivano dalla disponibilità dello stesso.L'agenzia delle Entrate non ha però fornito riscontro positivo a tale interpretazione osservando come, in base all'articolo 1803 del Codice civile, il comodato è «il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta». Data tale definizione, l'Agenzia ritiene che l'utilizzo da parte dell'appaltatore di beni strumentali concessi in comodato non fa venir meno il requisito di utilizzo dei beni di proprietà del committente previsto dall'articolo 17-bis del Dlgs 241/1997.

Mentre, in direzione opposta è andata l'indicazione, in linea con la soluzione proposta dall'istante, in merito ai beni noleggiati dall'appaltatore da soggetti terzi, diversi dal committente o da imprese ad esso riconducibili, che non possono quindi ritenersi di proprietà di quest'ultimo.

Andando ad affrontare il requisito dell'attività svolta presso le sedi d'attività del committente, l'Agenzia ha richiamato la circolare 1/2022, affermando che rilevano tutte le sedi che il committente destina allo svolgimento della sua attività in cui viene utilizzata la manodopera; non influenza tale aspetto il fatto che la prestazione sia svolta presso un magazzino concesso in locazione o in comodato d'uso gratuito dal committente che è in ogni caso allo stesso riconducibile.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©