Contenzioso

Retribuzioni dovute tra uno spin off e l’altro

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di Giuseppe Bulgarini d’Elci

La società cedente di un ramo d’azienda, che non abbia preventivamente provveduto alla ricostituzione del rapporto di lavoro con il dipendente già inserito in una precedente cessione di ramo d’azienda dichiarata illegittima, non può invocare la propria estraneità alle rivendicazioni economiche proposte da tale lavoratore. Se il giudice ha accertato l’illegittimità del primo trasferimento di ramo d’azienda e ordinato il ripristino dei rapporti di lavoro e la società non vi ha ottemperato, questa stessa società non può invocare il successivo “spin-off” delle unità aziendali ad un altro gruppo per sottrarsi al pagamento delle retribuzioni mensili maturate dai lavoratori.

Il Tribunale di Milano (sentenza 942/2022) ha espresso questi principi in una vicenda in cui, dopo l’accertamento dell’illegittimità di un precedente trasferimento d’azienda e senza avere provveduto al ripristino dei rapporti di lavoro, la società di un gruppo multinazionale cede nuovamente il relativo business aziendale ad altro gruppo e pretende, per ciò stesso, di sottrarsi al pagamento delle retribuzioni rivendicate da un lavoratore.

Nel caso specifico, il lavoratore aveva potuto unicamente agire per il versamento delle retribuzioni mensili, essendo necessaria la collaborazione del datore di lavoro per l’effettivo ripristino del rapporto nella sua componente operativa. In tale contesto, ad avviso del giudice meneghino il nuovo trasferimento d’azienda è un atto giuridicamente inesistente, perché il datore non ha ottemperato prima alla sentenza riattivando i rapporti di lavoro.

La società, invero, nelle more aveva effettuato uno “spin-off” a livello mondiale dell’unità di business ed esso aveva riguardato anche il ramo d’azienda in cui operavano i lavoratori non reinseriti a seguito della sentenza dichiarativa della illegittimità del primo trasferimento. Su tale presupposto, la società ha sostenuto che i lavoratori erano transitati alle dipendenze del nuovo cessionario secondo l’articolo 2112 del Codice civile e che, pertanto, le richieste retribuzioni mensili non potevano essere rivendicate nei suoi confronti, non essendo la società rimasta nella titolarità dei rapporti di lavoro.

Il Tribunale di Milano censura questa conclusione e rimarca che, da un lato, la società si è sottratta all’adempimento della sentenza (da cui derivava l’ordine di ricostituzione dei rapporti di lavoro) e, dall’altro, ha posto in essere un’operazione societaria che avrebbe avuto lìeffetto di paralizzare gli effetti stessi della sentenza inadempiuta.

Il giudice meneghino osserva che «per poter impugnare un atto destinato a produrre efficacia sul rapporto di lavoro, è necessario che il rapporto in questione non sia solo accertato da una sentenza, ma anche ripristinato dal formale datore di lavoro affinché si possa contestare l’assegnazione a uno specifico ramo e/o settore».

In altri termini, va censurato il comportamento della società che, nell’ambito di una successione di trasferimenti d’azienda, si sottrae all’applicazione della sentenza dichiarativa della illegittimità del primo trasferimento per non adempiere all’ordine di ricostituzione del rapporto e ne invoca al contempo gli effetti per non adempiere neppure all’obbligazione retributiva.

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