Contenzioso

Sicurezza sul lavoro, per acquisire la posizione datoriale servono i pieni poteri

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di Giampiero Falasca

Ai fini della sicurezza sul lavoro, la posizione di datore di lavoro – con le responsabilità che ne conseguono - non può essere attribuita a soggetti privi dei poteri decisionali e di spesa necessari per gestire in maniera completamente autonoma la rispettiva unità organizzativa. Sulla base di tale principio la Cassazione Penale, con la sentenza 9028/2022 pubblicata ieri, ha annullato la sentenza di assoluzione del consigliere delegato di un importante gruppo bancario.

Tale manager era stato inizialmente condannato dal Tribunale di Savona, con decreto penale, per alcune inadempienze riferite alla valutazione del rischio di diffusione del Covid e alla designazione del responsabile per la sicurezza; dopo aver proposto opposizione al decreto, il manager aveva ottenuto una sentenza d'assoluzione per insussistenza del fatto, in quanto aveva dimostrato di aver attribuito la qualifica di datore di lavoro a un altro dirigente aziendale.La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona ha proposto ricorso in Cassazione contro tale assoluzione, sostenendo che la qualifica di «datore di lavoro», rilevante ai fini delle violazioni contestate, avrebbe dovuto essere riferita al consigliere delegato, in quanto l'articolo 2 del Dlgs 81/2008 definisce il datore come il soggetto titolare del rapporto di lavoro e che ha la responsabilità dell'organizzazione in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

La Cassazione ha accolto tale lettura (annullando con rinvio la sentenza di assoluzione) partendo dalla considerazione che il soggetto in capo al quale era stata trasferita la posizione di datore di lavoro aveva dichiarato di titolare del rapporto di lavoro «in senso prevenzionale… ma non anche in senso giuslavoristico». Sulla base di tale dichiarazione, la Corte esclude che la posizione giuridica del dirigente delegato potesse essere assimilata a quella del datore, nei limiti previsti dal Testo unico sicurezza sul lavoro. La normativa vigente, infatti, individua il datore nella persona che risulta a tutti gli effetti titolare del rapporto di lavoro, o che comunque ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unita produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Secondo la Corte, tale figura non può essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi, a meno che non ricorrano alcuni elementi specifici, fissati da alcune sentenze precedenti, secondo le quali la possibilità di avere nell'ambito di una medesima impresa una pluralità di datori di lavoro presuppone che ciascuno di questi soggetti sia dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari per la rispettiva unità organizzativa.

Solo se ricorrono tali elementi è possibile ammettere a contestuale presenza di un datore di lavoro “apicale” al vertice dell'intera organizzazione con uno o più datori di lavoro “sotto-ordinati”, che nonostante tale posizione mantengono poteri di decisione e di spesa per l'autonoma gestione dell'unita produttiva. Se manca tale autonomia, conclude la sentenza, è da escludersi che ricorra un datore di lavoro sotto-ordinato, profilandosi piuttosto un dirigente.Applicando tale principio al caso concreto, la Corte – verificata la mancanza di autonomia del soggetto delegato – ritiene che il Ceo fosse da considerare unico titolare degli adempimenti previsti in materia di sicurezza, non delegabili ai sensi in base all'articolo 17 del Testo unico.

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