Tfr, tutti i chiarimenti della Cassazione
In una pronuncia dei giorni scorsi (<a uuid="" channel="" url="https://viewerntpro.ilsole24ore.com/private/default.aspx?appid=4239&redirect=false&origine=fisco#showdoc/39770927" target="_blank">sezione lavoro, 13 febbraio 2023, n. 4360), </a>la Corte interviene sul trattamento di fine rapporto, fugando molti dubbi e perplessità applicative
In una lunga e articolata pronuncia dei giorni scorsi (sezione lavoro, 13 febbraio 2023, n. 4360), la Corte di cassazione ha fatto il punto sul trattamento di fine rapporto, fugando molti dei dubbi e delle perplessità applicative e interpretative che spesso aleggiano intorno a tale istituto.
In merito alla natura del Tfr, i giudici hanno ricordato che trattasi di una prestazione economica della quale il lavoratore ha diritto al momento della cessazione del proprio rapporto di lavoro, a prescindere dal motivo della cessazione medesima e, quindi, sia in caso di licenziamento, che in caso di dimissioni o di raggiungimento dell'età pensionabile. Sebbene il trattamento maturi durante lo svolgimento del rapporto, si tratta, quindi, di un compenso con corresponsione differita il cui diritto sorge al momento in cui il rapporto lavorativo cessa, con la conseguenza che è solo da tale momento che inizia a decorrere il relativo termine di prescrizione e iniziano a maturare gli interessi e la rivalutazione. Ma non solo: un'ulteriore conseguenza di tale circostanza risiede nel fatto che, prima della fine del rapporto di lavoro, non è ammissibile una rinuncia al Tfr. Si tratterebbe, infatti, di una rinuncia nulla per mancanza dell'oggetto, riguardando un diritto futuro.Tutto ciò chiarito, la circostanza che la quota di trattamento venga accantonata annualmente non rappresenta altro che una modalità di calcolo dell'unico diritto al Tfr, che, si ribadisce, matura solo quando il rapporto lavorativo cessa.La Corte di cassazione si è soffermata, inoltre, sul concetto di retribuzione percepita cui fa riferimento l'articolo 2120 del codice civile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto. Per i giudici si tratta di una retribuzione da intendersi come "omnicomprensiva", nella quale vanno ricomprese tutte le somme che trovano la propria causa nel rapporto di lavoro, a prescindere dalla stretta correlazione con l'effettivo svolgimento della prestazione lavorativa. Il che vuol dire che vanno conteggiati anche gli importi che, provenendo dal datore di lavoro ed essendo causalmente collegati al rapporto lavorativo, sono erogati materialmente da un soggetto diverso, nonché quelli erogati in forza di un contratto diverso da quello di lavoro che costituisce, tuttavia, uno strumento per conseguire il risultato pratico di arricchire il patrimonio del lavoratore in correlazione con lo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato.Ciò posto, ai fini della ricomprensione di un certo compenso nella base di calcolo del Tfr a nulla rileva che lo stesso sia definitivo, ma basta che il lavoratore, in corso e a causa del rapporto di lavoro, ne abbia goduto in modo normale, ovverosia – per usare le parole della Corte di cassazione – come "corrispettivo della prestazione normale perché inerente al valore professionale delle mansioni espletate".