Contenzioso

Una sola email dai toni forti può costare il posto al dirigente

La nozione di giustificatezza del recesso è più ampia di quella di giusta causa. Il rapporto di fiducia che lega il dirigente al datore è particolare e accentuato

immagine non disponibile

di Marcello Floris e Valentina Pomares

Basta un solo episodio di intemperanza perchè il licenziamento di un dirigente sia considerato legittimo. Nel caso esaminato dalla Cassazione nell'ordinanza 2246 pubblicata il 26 gennaio scorso, si è trattato di una email in cui il dirigente accusava la proprietà della società datrice di lavoro di aver tradito la propria fiducia e buona fede. Il licenziamento è stato riconosciuto legittimo, a esito dei tre gradi di giudizio. Nel messaggio di posta elettronica che ha causato il recesso, il dirigente licenziato aveva sottolineato così il deteriorarsi del rapporto con la società: «Non so quanto ancora potrò sopportare questo vostro comportamento che giudico inqualificabile».

A fronte di queste esternazioni il dirigente era stato appunto licenziato per giusta causa. In primo grado la sussistenza della giusta causa era stata esclusa, ma il licenziamento è stato comunque ritenuto giustificato e la pronuncia è stata confermata in appello e Cassazione. Sono state pertanto respinte le domande di risarcimento danni per mobbing e dequalificazione e la domanda di indennità supplementare.

La nozione di giustificatezza applicata dalla Corte non è contenuta nella legge, ma trova origine nella contrattazione collettiva e nella conseguente elaborazione giurisprudenziale. Il concetto di giustificatezza non coincide con quello di giusta causa e giustificato motivo oggettivo o soggettivo, ma è molto più ampio ed è esclusivamente applicabile al rapporto di lavoro dirigenziale. Fatti o condotte non idonee ad integrare la giusta causa o il giustificato motivo possono invece valere a giustificare il licenziamento del dirigente.

In generale, il licenziamento del dirigente, per essere giustificato, deve essere motivato da ragioni non discriminatorie né arbitrarie, ma oggettive e concretamente accertabili o comunque tali da ledere il particolare ed accentuato rapporto di fiducia che lega il dirigente al datore di lavoro. In particolare, secondo la giurisprudenza della Cassazione cui fa riferimento l'ordinanza in commento, «ai fini della “giustificatezza” del licenziamento del dirigente, non è necessaria una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso, in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza dì poteri attribuiti al dirigente» (tra le tante, si veda Cassazionen 34736 del 30 dicembre 2019). Assume così rilevanza qualsiasi motivo che sorregga il recesso, con motivazione coerente, fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto (Cassazione, 6110 del 17 marzo 2014).

Sulla base di questo orientamento, cui la Corte ha inteso adeguarsi nell’ordinanza 2246, è ravvisabile nel caso di specie una motivazione congrua in merito all’esistenza della giustificatezza del motivo. Tale motivazione è giudicata idonea ad escludere l’arbitrarietà del recesso per effetto della rilevanza del fatto contestato in termini di turbamento del vincolo fiduciario, tanto più intenso quanto più elevato il ruolo dirigenziale del dipendente, il tutto in conformità ad una valutazione delle condotte delle parti sulla base dei criteri di correttezza e buona fede. La Corte ha quindi respinto l’assunto difensivo secondo cui un singolo episodio non sarebbe sufficiente a fondare il licenziamento. Parimenti è stato giudicato privo di rilevanza il fatto che il messaggio che ha originato il recesso sia stato una reazione ad un preciso accadimento. In considerazione appunto dell’ampiezza della nozione di giustificatezza, non si è ritenuta necessaria un’analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale ed una motivazione coerente, basata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto, non discriminatorie né arbitrarie.

Leggi la sintesi delle sentenze

Valutazione globale
Per la “giustificatezza” del licenziamento del dirigente, non occorre una analitica verifica di specifiche condizioni, ma basta una valutazione globale, che escluda l’arbitrarietà del recesso, perchè intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore».
Cassazione, ordinanza 2246 del 26 gennaio 2022

Diritto di critica tutelato
L’esercizio del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro può trasformarsi in una condotta idonea a configurare un illecito disciplinare, solo se supera i limiti a presidio della dignità della persona umana: è nullo perchè ritorsivo il recesso per dichiarazioni alla stampa del lavoratore, dalle quali il datore non ha patito danni.
Cassazione, sentenza 31395 del 2 dicembre 2019

Critica con rispetto del datore
La critica del lavoratore deve conformarsi a canoni di correttezza, misura e rispetto della dignità del datore. Il superamento di tale limite rende la condotta lesiva dell’onore datoriale, non scriminata dal diritto di critica e suscettibile di rilievo disciplinare, perchè contraria al dovere di fedeltà ex articolo 2105 del Codice civile.
Cassazione, sent. 1379 del 18 gennaio 2019

Stop agli eccessi
L’esercizio del diritto di critica nei confronti del datore di lavoro può essere considerato comportamento idoneo a ledere la fiducia che è alla base del rapporto e costituire giusta causa di licenziamento, quando avviene con modalità tali da tradursi in una condotta gravemente lesiva della reputazione.
Cassazione, sent. 14527 del 6 giugno 2018

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©