Contenzioso

Ventidue sanzioni non costituiscono scarso rendimento

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di Angelo Zambelli


Un dipendente di un'azienda di trasporto pubblico è stato licenziato (o meglio, esonerato dal servizio) in applicazione di una specifica previsione contenuta nell'articolo 27, lettera d, del regio decreto 148/1931 (recante la disciplina del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri) in base al quale la società, sentito il parere del Consiglio di disciplina, «può far luogo all'esonero definitivo dal servizio degli agenti stabili […] per scarso rendimento o per palese insufficienza imputabile a colpa dell'agente nell'adempimento delle funzioni del proprio grado».
La decisione aziendale è stata fondata, oltre che sulle numerose assenze del dipendente, su di un consistente fascicolo disciplinare composto di ben 22 sanzioni irrogate dal 2002 al 2004, «prevalentemente per ritardi, anche di notevole entità, nel prendere servizio nonché per mancato rispetto degli orari di partenza e di marcia dei mezzi di servizio condotti, mancata effettuazione delle fermate di servizio, inottemperanza alle disposizioni aziendali, omessa giustificazione di assenze».
La legittimità del provvedimento espulsivo è stata confermata dal tribunale e dalla Corte di appello per i quali lo scarso rendimento che giustifica l'esonero definitivo dal servizio può essere integrato anche dal mero cumulo di infrazioni disciplinari pregresse.
E infatti tali infrazioni, in ragione del numero e della frequenza, ponevano il lavoratore «in posizione di grave inadempienza - sotto il profilo qualitativo - ai doveri di diligenza, puntualità e responsabilità relativi alle mansioni e risultavano pregiudizievoli per il regolare svolgimento del servizio di trasporto pubblico».
Di contrario avviso la Cassazione (sentenza 3855/2017), secondo cui lo scarso rendimento «non può essere di per sé dimostrato dai plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, salvo voler ammettere una indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite. Invero, una volta ricostruita la fattispecie dello scarso rendimento in termini di violazione evidente della diligente collaborazione dovuta dal dipendente e a lui imputabile, diviene palese la sovrapponibilità alla omologa infrazione disciplinare prevista nella disciplina comune del rapporto di lavoro».
Pertanto, concludono i giudici, deve «trovare applicazione il divieto, più volte affermato da questa Corte con riguardo al procedimento disciplinare, di esercitare due volte il potere disciplinare per lo stesso fatto sotto il profilo di una sua diversa valutazione o configurazione giuridica» (tra le molte, Cassazione 20429/2016 e 22388/2014).
Forse, a ben guardare, la contestazione disciplinare al lavoratore di una persistente recidiva nel negligente adempimento dei propri doveri avrebbe consentito alla Suprema corte di “salvare” un licenziamento che, sul piano dell'opportunità e del comune sentire, risultava più che meritato.

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