Nessun accordo in deroga sull’equo compenso
L’equo compenso torna a far parlare di sé. E mentre crescono le proteste per il bando del ministero dell’Economia che cerca prestazioni professionali gratuite anche la politica si muove: martedì scorso è stato presentato un nuovo disegno di legge (AS 1119; l’iniziativa è partita dalla senatrice pentastellata Tiziana Carmela Rosaria Drago) che ha l’obiettivo di ampliare gli effetti della legge 172/2017 che, aggiungendo l’articolo 13 bis alla legge 247/2012, per prima ha introdotto il diritto a un «equo compenso» per i professionisti. Ad alcune condizioni però: che il committente fosse “forte” e quindi una banca, un’assicurazione o una grande azienda e che il contratto fosse predisposto dal committente senza essere condiviso dal professionista.
È su questo punto che interviene il Ddl 1119 che propone di sopprimere, al comma 1, l’inciso in cui viene specificato che la norma sull’equo compenso si applica «con riferimento ai casi in cui le convenzioni sono unilateralmente predisposte dalle predette imprese»; di conseguenza il Ddl chiede anche l’abrogazione dei commi 3 e 7 che fanno riferimento a quell’inciso. L’idea, si legge nel testo presentato, è di «correggere gli aspetti della norma che ne hanno limitato l'efficacia», introducendo l'inderogabilità «dell'equo compenso ... anche nei casi di convenzioni non unilateralmente predisposte dalle imprese».
È difficile però cambiare una mentalità, e non stupisce quindi la richiesta del Mef di servizi gratuiti di diritto nazionale ed europeo. Una richiesta che “indigna” la Federcommercialisti, che chiede l’immediata rimozione del “bando”.
Il tesoriere dell’Associazione nazionale giovani avvocati Giovanna Suriano, in un comunicato congiunto con l’Unione giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, scrive che «violare così spudoratamente i più basilari principi sanciti dalle norme sull’equo compenso costituisce un pericoloso precedente che lo Stato deve revocare al più presto». Per il presidente dell’Unione Daniele Virgillito è «un controsenso introdurre il reddito di cittadinanza per “accompagnare” gli individui verso l'inclusione sociale e lavorativa e poi chiedere ai giovani professionisti... di svolgere incarichi a titolo gratuito».