Dopo il Jobs act fondi di solidarietà con partenza incerta
Il Jobs act si occupa anche dei fondi bilaterali di solidarietà previsti dalla riforma Fornero del 2012, e introduce l’obiettivo di fissare un termine certo per l’avvio degli stessi, così compiendo un’inversione a U rispetto a quanto avvenuto negli ultimi due anni.
Nell’estate di due anni fa, l’articolo 3 della legge 92/2012 aveva stabilito l’avvio di questi nuovi strumenti (o l’adeguamento dei pochi già esistenti) entro sei mesi a partire dal 18 luglio 2012. Alla fine di quell’anno, però, la legge 228/2012, tenuto conto delle difficoltà a rispettare la scadenza prevista, aveva portato la scadenza a un anno, quindi all’estate 2013. Il decreto legge 76/2013 aveva successivamente introdotto un’altra proroga, spostando la data di avvio al 31 ottobre 2013. Infine, la legge 147/2013 ha eliminato il termine, prevedendo l’avvio del fondo residuale al 1° gennaio 2014, cosa che effettivamente avvenuta anche se retroattivamente.
Sin dall’origine la normativa infatti prevedeva che in caso di mancata attivazione di un fondo settoriale, le imprese avrebbero dovuto confluire in quello residuale. Quindi con l’avvio di quest’ultimo quelli di settore non sono più essenziali, anche se opportuni.
Ora invece si torna a parlare di stabilire una data certa per i fondi di settore anche se il panorama attuale è piuttosto desolante. In base all’aggiornamento presente sul sito del ministero del Lavoro, sono stati pubblicati solo quattro decreti attuativi di altrettanti fondi: quello per i dipendenti del settore del credito; quello del credito cooperativo; quello del Gruppo Poste italiane e quello del settore assicurazioni.
Alla fine di luglio risultavano già pronti ma in attesa di pubblicazione altri otto decreti ministeriali, di cui però si sono perse le tracce. Manca ancora, per esempio, il provvedimento che dà il via libera all’adeguamento ai nuovi requisiti del fondo per il comparto artigiano, una realtà già attiva e consolidata, che dovrebbe coinvolgere circa 1,1 milioni di lavoratori. Inoltre a inizio settembre, come confermato da una nota ministeriale, era ormai quasi concluso il percorso per il fondo del trasporto pubblico locale. Ma ad oggi il relativo decreto ministeriale non è stato pubblicato.
Il processo di implementazione si sta rivelando estremamente lungo e oltre alle difficoltà oggettive riscontrate nei primi mesi, determinate dalla difficoltà di trovare un accordo tra le parti sociali anche in merito ai costi di questi strumenti (che devono essere finanziati con contributi a carico delle aziende e dei dipendenti), i ritardi burocratici non risultano comprensibili nemmeno ai diretti interessati, cioè i rappresentanti dei comparti produttivi, che nonostante le difficoltà hanno fatto la loro parte e più volte hanno sollecitato la pubblicazione dei decreti.
Tuttavia, poiché nel frattempo è stato completato il quadro normativo del fondo residuale, le aziende con più di 15 dipendenti che operano in settori non coperti dalla cassa integrazione guadagni da ottobre hanno dovuto iniziare a versare i relativi contributi (0,5% per ogni dipendente, di cui lo 0,17% a carico del lavoratore), con tanto di arretrati per il periodo gennaio-dicembre.
Ora nel Jobs act ritorna la previsione di una data di avvio dei fondi con quale obiettivo però non è chiaro. Sarà necessario attendere i decreti attuativi, perché a oggi dal ministero del Lavoro non arrivano indicazioni in merito.
Il problema principale più che la data di avvio è estendere questo strumento alle aziende più piccole. Infatti mentre alcuni fondi di settore in via di costituzione le includono (come quello dell’artigianato), il fondo residuale è obbligatorio solo per quelle con più di 15 dipendenti e, come stimato dallo stesso ministero del Lavoro, il quadro attuale lascia ancora senza tutele circa 2,6 milioni di lavoratori.