Rapporti di lavoro

Natale senza regali per i dipendenti pubblici

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di Antonio Carlo Scacco

Il divieto di accettare regali ed altre utilità da parte dei pubblici dipendenti, a mente del vigente regolamento di comportamento dei dipendenti pubblici, deve essere interpretato in modo particolarmente restrittivo e con il massimo rigore: è questo il contenuto della circolare Mef n. 25213 del 9 dicembre scorso. Il regolamento, contenuto nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 63 (emanato in base all'articolo 54 del D.Lgs. n. 165/2001 come modificato dalla legge anticorruzione 190/2012), definisce i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare.
Per quanto concerne regali e compensi, l'articolo 4 dispone un generale divieto per il dipendente di accettare, per sé o altri, “regali o altre utilità” ad eccezione di quelli “d'uso di modico valore effettuati occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e nell'ambito delle consuetudini internazionali”. Vige invece un divieto assoluto di chiedere “regali ed utilità”, anche di modico valore, a corrispettivo di atti compiuti nell'esercizio del proprio ufficio, a soggetti terzi che possano ricavare beneficio da tali atti, ovvero nei cui confronti il dipendente sia chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell'ufficio ricoperto.
Da notare che per “regali o altre utilità di modico valore” si intendono quelle non superiori a 150 euro, fruibili anche sotto forma di sconto, ma le singole amministrazioni possono discrezionalmente prevedere anche limiti inferiori in considerazioni dell'incarico e delle mansioni ricoperte dal dipendente. Eventuali regali ricevuti al di fuori dei limiti sopra specificati, devono essere immediatamente consegnati all'Amministrazione a cura dello stesso dipendente per essere o restituiti o devoluti a fini istituzionali. La norma è apparentemente chiara ma restano alcune zone d'ombra. La principale concerne la puntuale definizione della nozione di “altra utilità”. Sul punto la giurisprudenza si è pronunciata più volte intendendo come “utilità” un valore non solo strettamente patrimoniale ma tutto ciò che rappresenti un vantaggio per la persona, di tipo materiale o morale, sia esso patrimoniale o non, purché oggettivamente apprezzabile, anche se consistente in un facere.
A solo titolo di esempio anche i favori sessuali sono stati ritenuti una “utilità” per il funzionario pubblico che ne abbia ottenuto la promessa o la prestazione (Cass., sez. unite, 11 maggio 1993, n. 6203). I divieti si estendono al personale in servizio che svolge incarichi presso società, agenzie o enti pubblici (per esempio partecipazione ai collegi dei revisori o ai consigli di amministrazione). Sarà il responsabile d'ufficio a vigilare sulla corretta applicazione degli obblighi e divieti regolamentari. Ricordiamo che, sotto il profilo disciplinare, la violazione di ciascuno dei divieti previsti dall'articolo 4 del codice comportamentale è punibile con il licenziamento qualora ricorrano gli estremi della gravità.
Ma occorre prestare la massima attenzione alla circostanza che la condotta può essere rilevante anche sotto il profilo penale ai fini dell'integrazione del nuovo reato di corruzione “impropria” (articolo 318 c.p.). La riforma operata dalla legge 190/2012 ha infatti eliminato qualsiasi rilevanza, ai fini penali, del valore dell'utilità o del regalo rispetto alla funzione o potere esercitato dal pubblico impiegato rispetto alla commissione del reato, qualora sia provato il nesso diretto e conseguenziale al compimento dell'atto dell'ufficio. Qualsiasi regalo, pertanto, anche di modica entità, sarebbe astrattamente idoneo ad integrare la fattispecie penale.

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