Pensioni, 10,9 milioni di assegni sotto 750 euro
Oltre dieci milioni di pensioni in pagamento a inizio anno avevano un importo ben inferiore a quello indicato per il reddito di cittadinanza. Lo rivela l’ultima “Statistica in breve” diffusa ieri dall’Inps, dove si annota che 10,9 milioni di prestazioni (il 61,3% del totale) era addirittura al di sotto dei 750 euro. Il dato percentuale, che per le donne raggiunge il 74,5%, naturalmente non va letto come una misura diretta delle condizioni di “povertà” in cui versano i pensionati, visto che molti di loro sono titolari di più prestazioni. Di questi “mini-assegni” Inps solo il 43,9% (4.797.442) ha come “causale” una prestazione legata a requisiti di reddito, come per esempio le integrazioni al minimo, le maggiorazioni sociali, le pensioni e gli assegni sociali o, ancora, le pensioni di invalidità civile. Il che significa che nella maggioranza dei casi quelle pensioni sono il frutto di una storia contributiva (e dunque lavorativa) molto fragile.
Le statistiche diffuse ieri non comprendono il pubblico impiego e rivelano, sull’estremo opposto della scala del reddito da pensione, una prevalenza di ex lavoratori maschi tra i beneficiari di un assegno di vecchiaia compreso tra 1.500 e 3.000 euro (1,8 milioni circa, contro non più di 410mila ex lavoratrici). Un gap che fotografa la grande distanza di redditi, tuttora da colmare, tra uomini e donne impegnati nel nostro mercato del lavoro. Una distanza che si riproduce anche nelle continuità di carriera, quelle che consentono di raggiungere la pensione di anzianità o anticipata. Ecco un dato di flusso: delle 167.718 nuove pensioni anticipate liquidate nel 2018 (il 29,6% del totale) il tasso di mascolinità s’è attestato al 72,9%.
Le nuove statistiche Inps ci dicono che il 2019 s’è aperto con 17.827.676 pensioni in pagamento (di cui 13,8 milioni di natura previdenziale), mentre le pensioni assistenziali vigenti sono 3.959.858, il 22% del totale delle pensioni esistenti escluso il pubblico impiego. Moltiplicando per tredici gli importi mensili pagati a gennaio si stima una spesa di 204,3 miliardi (di cui 183 sostenuti dalle gestioni previdenziali). L’anno scorso sono state invece liquidate 1.135.294 nuove pensioni delle quali la metà di natura assistenziale. Gli importi annualizzati, stanziati per queste nuove pensioni entrate in pagamento, ammontano a 11,3 miliardi, pari al 5,5% dell’importo complessivo annuo in pagamento all’1 gennaio 2019.
Il “superamento della legge Fornero”, per usare il linguaggio governativo, invertirà una tendenza al calo dei pensionamenti che è in corso dal 2012. Negli ultimi sette anni, in virtù della riforma del 2011 e nonostante le salvaguardie per gli “esodati” e le altre flessibilità introdotte, la decrescita è stata dello 0,4% in media d’anno e del 4% in termini cumulati. Prima della riforma, tra il 2004 e il 2012, si viaggiava invece con aumenti medi dei pensionamenti dello 0,7% annuo (+6,1% nel periodo).
Quest’anno nelle previsioni sono attese 290mila nuove pensioni anticipate grazie a “quota 100” e le altre flessibilità prorogate. Quasi il doppio delle pensioni di anzianità liquidate l’anno passato. Mentre non esiste una stima puntuale su quante potrebbero essere, nel 2019, le nuove pensioni di cittadinanza, prestazioni a integrazione solo di una piccola parte dei numerosi trasferimenti pensionistici o assistenziali che, come si diceva all’inizio, viaggiano sotto i 750 euro mensili.