Licenziamenti collettivi ancorati a una legge datata
Mentre viene adeguata la normativa sui dirigenti, il legislatore del Jobs Act non ha sentito - almeno fino ad oggi - la necessità di intervenire sull'attuale apparato sanzionatorio dei licenziamenti collettivi (articolo 5, comma 3, della Legge 223/91).
La “dimenticanza” non è banale e, anzi, sarebbe opportuno avviare una riflessione sull'attuale disciplina, che presenta molti margini di miglioramento.
In linea di principio può aver senso mantenere la reintegrazione piena (articolo 18, comma 1, della Legge 300/70) per il caso di licenziamento intimato senza l'osservanza della forma scritta, e forse anche la reintegrazione attenuata (articolo 18, comma 4, della Legge 300/70) in caso di violazione dei criteri di scelta (anche se una adeguata sanzione indennitaria potrebbe bastare per arrivare allo stesso risultato).
Maggiori perplessità suscita, invece, la portata della disciplina sanzionatoria delle violazioni formali. Il vigente articolo 5, comma 3, della Legge 223 (tramite un singolare e pindarico doppio rinvio al terzo periodo del settimo comma dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che a sua volta rimanda al quinto comma) prevede che le violazioni della procedura di licenziamento collettivo vengano sanzionate unicamente sotto il profilo economico con un'indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Dal punto di vista teorico e sistematico, una sanzione così pesante potrebbe giustificarsi solo se tra le violazioni procedurali venisse inclusa anche l'omissione totale della procedura. In questo caso - va detto - il datore di lavoro resterebbe comunque gravato dell'onere di provare sul piano sostanziale il rispetto dei criteri di scelta (prova certamente non agevole, ma almeno in teoria non impossibile) e si aprirebbero piuttosto profili legati agli effetti delle eventuale antisindacalità della condotta. Va comunque detto che ove per violazione formale si intenda aprioristicamente qualunque vizio o errore commesso dal datore di lavoro nella gestione di uno dei tanti snodi procedurali della 223, la sanzione economica fino a 24 mensilità risulta oggettivamente sproporzionata, tenuto conto che potrebbe applicarsi anche ad un recesso intimato nel pieno rispetto dei criteri di scelta. In tale ipotesi, pertanto, risulterebbe più razionale una sanzione economica compresa tra 6 e 12 mensilità, equivalente a quella prevista per le violazioni meramente procedurali nei licenziamenti individuali. Molti, dunque, sono gli spunti di riflessione che il legislatore potrebbe cogliere in una prospettiva realmente riformistica e di corretto bilanciamento tra diritti e flessibilità.