Contenzioso

Rogo di Prato: perché per la Cassazione non sono responsabili i proprietari del capannone

di Mario Gallo

Nella cronaca dei tanti disastri sul lavoro quello di Prato occupa decisamente, insieme al cosiddetto caso "Thyssen" del 2007, un posto di primo piano sia per la tragicità degli eventi che per la perdita di numerose vite umane che ha comportato; si tratta, infatti, di una triste vicenda che, come si ricorderà, risale alla fine del 2013 quando, a seguito di un incendio all'interno di un'azienda tessile, perirono sette lavoratori cinesi che si trovano nei locali adibiti a dormitorio.

La Corte di Cassazione, sez. IV pen., con la sentenza 2 ottobre 2019, n. 40259, quindi, si è espressa in merito alla delicata posizione del socio accomandatario e del socio accomandante ed amministratore di fatto della M.G.F. s.a.s., società immobiliare, proprietaria e locatrice del capannone.

I due soci, infatti, erano stati ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 589 c.p., per avere colposamente cagionato per negligenza, imprudenza ed imperizia la morte dei sette lavoratori cinesi e, più specificamente, per avere concesso in locazione alla ditta individuale T.M. di L.J. il capannone, a partire dal 29 febbraio 2012, nella consapevolezza che al suo interno erano stati realizzati abusivamente dei locali dormitorio, così consentendo un uso promiscuo abitativo ed industriale dell'immobile, in assenza dei requisiti di abitabilità.

Agli stessi, inoltre, era stato anche contestato di aver omesso di interrompere il rapporto contrattuale pur avendo rilevato tale utilizzo illecito e pericoloso, tenuto conto anche del rischio d'incendio connaturato alla produzione di capi tessili, e quindi "…. essendo consapevoli della situazione ed essendosi l'evento morte verificatosi, causalmente connesso con tale violazione, prevedibile ed evitabile".

La S.C. di Cassazione ha, tuttavia, assolto gli imputati dal reato ex art. 589 c.p., annullando senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, sulla base di lungo e articolato ragionamento da cui emergono alcuni importanti indirizzi interpretativi che qui si possono brevemente sintetizzare.

Oneri di sicurezza del locatore nei confronti di soggetti utilizzatori della cosa.
Il punto di partenza secondo i giudici è che è stato accertato che la costruzione del manufatto fosse intervenuta nel 2003 per opera di L.Y.L., la quale aveva mantenuto la disponibilità dei locale, dal gennaio di quell'anno sino alla data dell'evento mortale, a seguito dapprima della formale cessione dell'originario contratto di locazione originariamente concluso fra M.G.R. s.a.s e la S. L. di D.M., ad imprese diversamente nominate, ma a lei facenti capo, e successivamente attraverso la stipulazione di nuovo contratto fra la medesima immobiliare e la T. M. da lei gestita con altri.

Orbene, sottolinea la S.C. di Cassazione che gli oneri di sicurezza che gravano sul locatore sono stabiliti dall'art. 1575 cod. civ. e, fatto salvo il dovere di assicurare il pacifico godimento della cosa, consistono nel dovere di consegnarla e di mantenerla in modo da servire all'uso convenuto.

Inoltre, precisano ancora i Giudici di legittimità che "E' ovvio che nell'obbligo di consegnare la cosa locata in buono stato manutentivo, in modo da servire all'uso convenuto, è compreso l'obbligo di garantire che la cosa sia esente da vizi che la rendano inidonea all'uso o che ne diminuiscano il godimento ed ancor prima quello di assicurare che la cosa non sia affetta di vizi tali da renderla pericolosa per la salute".

Invero, in merito già in passato si è espressa la stessa S.C. di Cassazione chiarendo che nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, come nel caso de quo, grava sui conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie dei bene locato.

La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative "…diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore".

Area di rischio governabile dal locatore.
A ciò va aggiunto, poi, che se l'area di rischio governabile dal locatore, rispetto alla quale può affermarsi che egli rivesta una posizione di garanzia, è quella delineata dagli obblighi a lui facenti capo ai sensi degli artt.1575 e 1580 cod. civ., aventi natura cautelare in quanto il loro carattere prescrittivo comporta l'elisione di un rischio, è solo l'effettiva consegna del bene che fa sorgere la posizione di garanzia.

Non è infatti "con l'assunzione dell'obbligo contrattuale di consegnare - quale prestazione che deve essere adempiuta dal locatore ed il cui mancato adempimento comporta il ricorso agli ordinari rimedi contrattuali - ma con la consegna materiale dei bene che si delinea in capo al locatore il dovere di sicurezza in relazione all'area di rischio dal medesimo governabile e cioè in relazione alle caratteristiche strutturali dell'immobile, nei limiti sopra delineati, restando escluse (salvo diversa pattuizione, da cui può scaturire ulteriore obbligo cautelare) sia la sua conformità all'attività da svolgervi, che le trasformazioni o addizioni successive apportate dal conduttore".

Nel caso di specie, invece, precisa ancora la S.C. sul datore di lavoro che aveva realizzato abusivamente i locali dormitorio gravava l'obbligazione di sicurezza (cfr. art. 2087 c.c.) e in assenza dell'effettiva restituzione del capannone al locatore, non essendo stato interrotto il godimento della cosa e non essendo quindi il bene rientrato nella sua effettiva disponibilità, per la sostanziale prosecuzione del rapporto locativo, nessuna posizione di garanzia "…può individuarsi in capo al locatore in relazione alla pericolosità della situazione creatasi all'interno del capannone, a causa della costruzione da parte del conduttore del manufatto (soppalco) utilizzato quale dormitorio che non consentiva un rapido accesso alle vie di fuga, non gravando sul primo il governo del relativo rischio".

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©