Contenzioso

Alle Sezioni unite l’incompatibilità degli incarichi

di Matteo Prioschi

La seconda sezione civile della Cassazione con l’ordinanza interlocutoria 24083/2019 ha rimesso alle Sezioni unite la materia del divieto per i dipendenti del settore pubblico di svolgere altre attività lavorativa se non previo consenso del datore di lavoro.

La decisione è nata a seguito del contenzioso tra una banca e l’agenzia delle Entrate in quanto l’istituto di credito ha conferito l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione, senza preventiva autorizzazione, al direttore generale di una Asl.

La Cassazione rileva che il direttore generale dell’Asl è un organo che rappresenta l’azienda; è nominato con provvedimento della Regione (perché l’Asl ne è ente strumentale); con il direttore viene stipulato un contratto di diritto privato e di lavoro autonomo esclusivo. Che il rapporto di lavoro sia di tipo autonomo è condiviso da diverse pronunce precedenti e ciò escluderebbe l’applicazione del Dlgs 165/2001.

Tuttavia la Suprema corte evidenzia che, in base all’articolo 3 del Dlgs 502/1992, il rapporto del direttore generale è esclusivo. Inoltre il quadro normativo conferisce il potere al datore di lavoro pubblico di individuare specifiche fattispecie di incompatibilità di incarichi oltre quanto già previsto dalla legge.

Si pone però la questione se la disciplina di incompatibilità definita dall’articolo 53 del Dlgs 165/2001 vale anche per gli incarichi che, in base all’articolo 7, comma 6 dello stesso Dlgs, sono attribuiti a persone dipendente di altra amministrazione pubblica o esterne.

In conclusione l’ordinanza evidenzia come «la disciplina delle incompatibilità presenti problemi di coordinamento nell’armonizzarsi con la riforma dell’ordinamento del lavoro nelle pubbliche amministrazioni e con la qualificazione dei rapporti di lavoro in termini esclusivamente privatistici».

Situazione che, secondo i giudici, potrebbe essere risolta applicando l’istituto delle incompatibilità riferendolo non allo status di dipendente pubblico «ma alla diversità dei fini perseguiti dal datore pubblico rispetto al datore privato».

Si tratta di «tracciare una linea interpretativa in grado di coniugare la disciplina delle incompatibilità con la diversa natura dei rapporti di lavoro che possono essere, allo stato, instaurati con la pubblica amministrazione, facendo convivere detta disciplina con gli specifici fini perseguiti dal datore di lavoro pubblico».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©