Contenzioso

Iscrizione negli elenchi nominativi e diritto alle prestazioni a sostegno del reddito in agricoltura

di Silvano Imbriaci

Nel settore dell'agricoltura, per i lavoratori dipendenti (operai agricoli a tempo determinato e indeterminato), sono previste alcune prestazioni a sostegno del reddito (disoccupazione agricola, assegno per il nucleo familiare, prestazioni di malattia e di maternità) che per la peculiarità del lavoro svolto, caratterizzato da una spiccata stagionalità e dall'oggettivo condizionamento dato dal fattore atmosferico, assumono tratti particolari.

Per l'attribuzione delle prestazioni ai lavoratori agricoli a tempo determinato, oltre ai requisiti di anzianità assicurativa e di svolgimento effettivo di attività per un numero minimo di giornate, è richiesta l'iscrizione dei lavoratori in appositi elenchi nominativi (articolo 4, d.lg.luog. n. 212/1946). Non si tratta di un requisito costitutivo della prestazione (il diritto scaturisce direttamente dalla legge), quanto di un meccanismo necessario per la dimostrazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e del possesso della qualità di lavoratore agricolo attestata, così come previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 29 aprile 1949 n. 264.

Sul punto la giurisprudenza ha precisato che tale iscrizione svolge una funzione di agevolazione probatoria che viene meno qualora l'Inps, a seguito di un controllo, disconosca l'esistenza del rapporto di lavoro. In tal caso, il lavoratore ha l'onere di provare l'esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto all'iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale fatto valere in giudizio (cfr. Cass. n. 27144/2014; n. 493/2011). Dal 1 gennaio 2011, per effetto di quanto disposto dall'art. 38 del dl n. 98/2011, convertito in legge n. 111/2011, la pubblicazione degli elenchi è effettuata in via telematica direttamente dall'Inps nel proprio sito internet, per quindici giorni, e con valore di notificazione (cfr. circ. Inps n. 43/2012).

Nelle ipotesi in cui il lavoratore abbia la necessità di fare accertare la sussistenza del rapporto di lavoro a fronte dei provvedimenti di cancellazione o variazione dell'iscrizione negli elenchi l'articolo 11 del dlgs n. 375/1993 (che ha sostituito integralmente l'articolo 17 del dl n. 7/1970) prevede la facoltà di proporre, contro i provvedimenti adottati in materia di accertamento dei lavoratori agricoli e contro la non iscrizione, ricorso alla Commissione Provinciale per la manodopera agricola, presso le sedi provinciali dell'Inps, nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione (il ricorso deve essere deciso nel termine di novanta giorni: decorso inutilmente tale termine il ricorso si intende respinto). È prevista una fase di secondo grado mediante il ricorso alla Commissione centrale (a Roma) contro il provvedimento decisorio, nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione (con analogo termine massimo di 90 giorni per la decisione: anche in questo caso decorso il termine per la decisione, il ricorso si intende respinto). Avverso il provvedimento definitivo è ammesso ricorso giudiziario nel termine decadenziale di 120 giorni decorrenti dalla notifica del provvedimento definitivo, o in alternativa, dal momento in cui l'interessato ne abbia avuto conoscenza (articolo 22, del dl n. 7/1970). Tale termine ha natura di decadenza sostanziale (in quanto relativo al compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo), così da non essere suscettibile di sanatoria ai sensi della legge n. 533 del 1973, articolo 8 (cfr. Cass. n. 9622/2015) ed è stato ritenuto legittimo anche dalla Corte costituzionale (sentenza n. 192/2005), in quanto in tale materia prevale l'esigenza di accertare in breve tempo la sussistenza del diritto all'iscrizione quale presupposto per l'accesso alle prestazioni previdenziali e titolo per l'accredito della contribuzione.

Quanto alla individuazione del momento iniziale a partire dal quale conteggiare i 120 giorni per il deposito del ricorso, la giurisprudenza lo identifica nell'avvenuta definizione del procedimento amministrativo. In particolare, il concetto di definitività del provvedimento riguarda sia l'ipotesi dei provvedimenti di iscrizione divenuti definitivi perché non impugnati nei termini, sia l'ipotesi dei provvedimenti divenuti irrevocabili in esito al procedimento amministrativo contenzioso. Quindi, in caso di mancato ricorso amministrativo avverso le risultanze degli elenchi, il termine decadenziale inizierà a decorrere dalla scadenza dei termini per la proposizione del ricorso (decorsi inutilmente i trenta giorni) e questo anche nel caso di ricorso di secondo grado alla Commissione Centrale.

La sentenza della Cassazione n. 25925 del 2016, proprio con riferimento alla individuazione del termine iniziale di decorrenza della decadenza, affronta una vicenda del tutto particolare, ossia la comunicazione tardiva (scaduto il termine di 90 giorni) all'interessato di un provvedimento di rigetto del ricorso amministrativo adottato comunque nei termini di legge. Secondo la Cassazione, l'adozione tempestiva del provvedimento di rigetto, perché sia considerata decisione espressa, deve essere comunicata al ricorrente nel termine di legge di 90 giorni per la decisione del ricorso stesso. In altre parole, per le decisioni espresse vale la regola della comunicazione del provvedimento, salva la possibilità, per chi eccepisca la decadenza, di provare che l'interessato ne abbia acquisito altrimenti conoscenza; per la decisione tacita vale invece solamente la regola del momento dell'acquisita conoscenza, momento che va identificato nella scadenza dei termini assegnati dalla disposizione in esame all'autorità competente per provvedere sul ricorso, trattandosi di scadenza stabilita direttamente dalla legge e che quindi deve ritenersi conosciuta dall'interessato. Proprio per questo motivo, secondo le regole generali in materia di decadenza, tale termine stabilito dalla legge segna la soglia oltre la quale la presentazione di un ricorso amministrativo tardivo non può essere idonea a spostare in avanti il termine iniziale (la decadenza è “inarrestabile”). La presentazione del ricorso tardivo potrà comunque valere ad integrare la condizione di procedibilità del ricorso giudiziario (articolo 443 del codice di procedura civile). Allo stesso modo, la decisione tardiva sul ricorso amministrativo non provoca la riapertura del termine decadenziale, che si colloca comunque alla scadenza della data di deposito/comunicazione della decisione sul ricorso amministrativo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©