Contenzioso

Per i contributi previdenziali il contratto collettivo di riferimento deve essere nazionale

di Silvano Imbriaci

Il contratto collettivo da utilizzare come base di calcolo per la contribuzione previdenziale deve essere di livello nazionale e non è possibile fare riferimento a quelli regionali o provinciali. Questa la precisazione contenuta nell’ordinanza 11650/2018 della Corte di cassazione.

L'articolo 1 del decreto legge 338/1989, nell'individuazione della retribuzione da assumere come base di calcolo della contribuzione previdenziale, afferma che la stessa non può essere inferiore all'importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (minimale contributivo) ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.

Con norma di interpretazione autentica il legislatore ha precisato che «in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria» (articolo 2, comma 25, della legge 549/1995).

La retribuzione da assumere ai fini contributivi deve essere determinata non solo nel rispetto delle disposizioni vigenti cui ora si è accennato in materia di retribuzione minima imponibile (minimo contrattuale), ma anche valutando il minimale di retribuzione giornaliera stabilito dalla legge. In altri termini, il reddito da assoggettare a contribuzione, ivi compreso il minimale contrattuale, deve essere adeguato, se inferiore, al limite minimo di retribuzione giornaliera, il cui importo è stabilito moltiplicando il trattamento minimo pensionistico per 9,5 per cento.

Per il 2018 il trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti è pari a 507,42 euro. Quindi il minimale retributivo per il 2018 è pari a 48,20 euro. Ne consegue che se la retribuzione giornaliera di fatto è inferiore, dovrà essere ragguagliata a tale limite. È su questo minimale, infine, che si dovranno calcolare i contributi previdenziali e assistenziali minimi da versare all'Inps da parte dei datori di lavoro. Il minimale retributivo mensile è pari a 48,20 euro moltiplicato per 26 ovvero 1.253,20 euro (Inps, circolare 13/2018).

Occorre dunque far riferimento alla contrattazione nazionale al fine di stabilire la base su cui calcolare i contributi dovuti, in funzione di maggiore garanzia di parità di trattamento per lavoratori appartenenti a un medesimo settore.

Il problema affrontato dalla sezione lavoro della Cassazione con l'ordinanza 11650/2018 riguarda l'ipotesi in cui per uno specifico settore non risulti stipulato alcun contratto collettivo nazionale. Secondo l'impostazione del datore di lavoro avrebbe dovuto essere applicato il contratto regionale, quale accordo di maggiore prossimità in relazione al settore di appartenenza e all'oggetto dell'attività (artigianale) svolta dalla società.

Del resto, la norma contenuta nell’articolo 1 del Dl 338/1989 non richiede che il contratto collettivo abbia carattere nazionale, essendo quindi possibile il ricorso a contrattazione collettiva regionale o anche provinciale, purché sottoscritta dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.

Tuttavia la Cassazione è di contrario avviso. Il riferimento alla retribuzione prevista nei contratti collettivi deve essere intesa come quella stabilita dai contratti a livello nazionale, in quanto la parte economica di questi contratti è maggiormente idonea a funzionare come parametro minimale comune per la generalità dei lavoratori di un determinato settore, e quindi con maggiori garanzie di parità degli stessi lavoratori nel concorso al finanziamento del sistema previdenziale.

La retribuzione da prendere come riferimento, in questo caso, può essere ragguagliata a quella prevista dalla contrattazione collettiva di un settore affine, individuato dall'Inps, ma con onere a carico del datore di lavoro circa l'individuazione di un contratto collettivo nazionale diverso, ritenuto maggiormente affine all'attività in concreto esercitata, che preveda una retribuzione tabellare di importo inferiore.

Naturalmente, l'individuazione di questo contratto da parte del datore di lavoro dovrà essere applicabile al caso di specie, sia con riferimento al periodo temporale di vigenza, sia sotto il profilo oggettivo con riguardo alla corretta specificazione delle attività esercitate (che dovranno essere comunque assimilabili)

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